Eroi Senza Memoria Storie Uniche è il titolo del nuovo appuntamento con la rubrica “Eroi Senza Memoria” ai quali da un po’ di tempo dedico spazio nel mio Blog alle eroiche gesta di grandi Uomini a cui ho desirato tributare tutti gli Onori per ciò che hanno rappresentato per la nostra Nazione.

Oggi on mi vorrei dilungare in cappelli iniziali sui valori che vorrei far passare da questi miei articoli perchè ho avuto conferme dirette e tangibili da tante persone che stanno comprendendo come sia importante non perdere la testimonianza storica che questi Uomini d’Onore ci hanno lasciato su pagine insanguinate eroicamente nei teatri operativi bellici.

Veniamo al primo Eroe

Giuseppe CIGALA FULGOSI

Giuseppe Cigala Fulgosi

Capitano di Corvetta della Regia Marina Italiana

Medaglia d’oro al Valor Militare

Motivazione della concessione della MOVM

Comandante di torpediniera di scorta ad un gruppo di motovelieri con truppe germaniche dirette a creta, per l’occupazione dell’isola, avvistata in pieno giorno una rilevante formazione navale nemica di incrociatori e cacciatorpediniere, manovrava con grande perizia e decisione per occultare il convoglio alle navi avversarie; si lanciava quindi all’attacco con temerario ardimento sfidando la schiacciante superiorità del nemico ed il suo violento tiro, e silurando un incrociatore che affondava colpito in pieno. Col suo gesto audace e coronato dal successo salvava il convoglio da sicura distruzione.

Mar Egeo, 22 maggio 1941

Tornato in Italia nel 1936 a bordo della corazzata Cavour ebbe l’incarico di Ufficiale di Ordinanza di Sua Altezza Reale il Duca di Genova. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, in qualità di Ufficiale in Seconda a bordo del cacciatorpediniere “Ascari” partecipò alle battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada e successivamente assunse il comando di Giuseppe CIGALA FULGOSI

Capitano di Corvetta della Regia Marina Italiana

Medaglia d’oro al Valor Militare

Il 10 giugno 1943, ricevette a Roma in occasione della Giornata della Marina la Medaglia d’Oro al Valor Militare appuntatagli sul petto direttamente dal Re, ma il giorno dopo lo raggiunse la notizia della scomparsa, nel cielo della Sardegna, del fratello minore Agostino, tenente della Regia Aeronautica e pilota di caccia.

Ma l’azione è più eroica di quanto sopra detto, infatti Il Colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo nel suo El-Alamein descrive con dettagli maggiori l’evento:

A Bordo della Torpediniera Sagittario comandata dal Comandante Fulgosi c’era un Ufficiale tedesco di Collegamento Tattico.

Che vide personalmente il Comandante Fulgosi manovrare dando ordini con calma assoluta (l’Ufficiale tedesco annichilito da tanto eroismo dichiarerà che Fulgosi, nonostante attaccasse forze enormemente superiori….fischiettava.)

Prima di sferrare l’attacco Fulgosi rivolto all’ Ufficiale tedesco disse calmo, ora vi facciamo vedere cosa sanno fare gli Italiani……..

Il tedesco incredulo ammutolì…..

Nell’azione, Fulgosi, colpi affondandolo con siluro l’incrociatore “Gloucester” e danneggiando gravemente il cacciatorpediniere  “Kingston”.

L’esultanza dell’equipaggio dopo aver constatato l’affondamento dell’incrociatore Gloucester

Torpediniera Saggittario

La Torpediniera Sagittario

Giuseppe Cigala Fulgosi era figlio di un Ufficiale dell’Esercito e dopo aver frequentato l’Accademia Navale di Livorno fu imbarcato sul “Trieste” e conseguì la nomina a Guardiamarina. Nel 1934 venne destinato al Distaccamento Marina a Tientsin in Cina e ella torpediniera “Sagittario”, con la quale si distinse eroicamente durante la battaglia di Creta, il 22 maggio 1941, quando avvistò in pieno giorno una pattuglia navale britannica di incrociatori e cacciatorpediniere.

Riuscì brillantemente a nascondere le navi che guidava dalla vista del nemico e si lanciò poi all’attacco con grande coraggio, riuscendo con il suo gesto a salvare il convoglio italiano da una distruzione certa. Per questa azione gli venne attribuita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Il 9 settembre 1943, giorno seguente l’armistizio, al comando del “l’Impetuoso” soccorse i naufraghi della corazzata Roma, trasportandone i feriti a Port Mahon nelle Baleari. Successivamente “l’Impetuoso” venne autoaffondato il 13 settembre 1943 insieme alla Pegaso, per evitarne la consegna prevista in base alle clausole armistiziali. Internato in Spagna, rimpatriò nel luglio 1944 e nel novembre dello stesso anno fu promosso Capitano di Fregata

Torpediniera Impetuoso

Altre decorazioni:

•Medaglia di Bronzo al Valore Militare sul Campo (Acque di Malta, 1941);

•Medaglia di Bronzo al Valore Militare sul Campo (Mediterraneo, 1940);

•Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo, 1942);

•Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo, 1943);

•Croce di Guerra al Valore Militare (Africa settentrionale, novembre 1942);

•Croce di Guerra al Valore Militare (Mediterraneo, giugno 1943 – settembre 1943

Alcune Note Biografiche

Giuseppe Cigala Fulgosi (Piacenza, 25 luglio 1910 – Roma, 1º novembre 1977) è stato un militare italiano, che con il grado di capitano di corvetta della Regia Marina fu decorato con Medaglia d’oro al valor militare a vivente durante il corso della seconda guerra mondiale. Decorato anche con tre Medaglie di bronzo e due Croci di guerra al valor militare gli è stato intitolato un pattugliatore della Classe Comandanti.

Nacque a Piacenza il 25 luglio 1910, figlio di Alfonso, un ufficiale di carriera del Regio Esercito, e di Anna Teresa Osio.

Arruolatosi nella Regia marina, nel 1925 fu ammesso a frequentare la Regia Accademia Navale di Livorno, conseguendo nel 1930 la nomina a guardiamarina.

Imbarcato inizialmente sull’incrociatore pesante Trieste, passò poi sulla nave scuola Cristoforo Colombo dove conseguì la promozione a sottotenente di vascello.

Prestò poi servizio sul cacciatorpediniere Aquilone, sulla torpediniera Indomito come ufficiale in 2ª, e nel 1933 fu assegnato in servizio sull’esploratore Quarto, di stanza allora in Cina.

Nel 1934 fu trasferito al Distaccamento Marina a Tientsin in Cina, rientrando poi in Italia verso la fine di quell’anno. Prestò servizio sull’esploratore Lanzerotto Malocello, sul Leone Pancaldo, dove fu promosso tenente di vascello, sul cacciatorpediniere Scirocco e quindi ebbe un incarico a terra come aiutante di bandiera del comandante in capo del dipartimento marittimo della Spezia.

Nel 1936 si imbarcò a bordo della nave da battaglia Conte di Cavour come terzo direttore di tiro, e sbarcato verso la fine di quell’anno, ricoprì fino al giugno 1940 l’incarico di ufficiale di ordinanza di Sua Altezza Reale il Duca di Genova. Nel 1939 conseguì la laurea in economia e commercio presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

All’entrata in guerra del Regno d’Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, si trovava imbarcato in qualità di ufficiale in 2ª a bordo del cacciatorpediniere Ascari su cui partecipò alle battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada e successivamente assunse il comando della torpediniera Sagittario, con la quale si distinse eroicamente durante la battaglia di Creta, il 22 maggio 1941, quando avvistò in pieno giorno una formazione navale britannica composta da incrociatori e cacciatorpediniere. Riuscì brillantemente a nascondere le navi che guidava dalla vista del nemico e si lanciò poi all’attacco con grande coraggio, riuscendo con il suo gesto a salvare il convoglio italiano da una distruzione certa. Per questa azione gli venne attribuita la Medaglia d’oro al valor militare e la Croce di Ferro di seconda classe dal governo tedesco.

Promosso capitano di corvetta nel luglio 1941, ebbe il comando del cacciatorpediniere Euro e nel luglio 1942 divenne Capo di stato maggiore della flottiglia motozattere operante in Africa Settentrionale Italiana, rimanendo ferito a Marsa Matruh. Nel novembre 1942 assunse il comando della 6ª Squadriglia Torpediniere alzando la sua insegna sulla Impetuoso, non ancora entrata in servizio, del quale seguì la parte finale dell’allestimento.

Il 10 giugno 1943 ricevette a Roma, in occasione della Giornata della Marina, la Medaglia d’oro al valor militare appuntatagli sul petto direttamente dal Re Vittorio Emanuele III, ma il giorno dopo lo raggiunse la notizia della scomparsa, nel cielo della Sardegna, del fratello minore Agostino, tenente della Regia Aeronautica e pilota di caccia.

Nella notte del 9 settembre 1943, giorno seguente l’armistizio con gli Alleati, salpò con la sua nave al seguito della Forza Navale da Battaglia, al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini.

Al comando dell’Impetuoso soccorse i naufraghi della nave da battaglia Roma, trasportando i feriti a Port Mahon nelle Baleari.Successivamente l’Impetuoso venne autoaffondata su suo ordine il 13 settembre 1943, insieme alla Pegaso, per evitarne la consegna prevista in base alle clausole armistiziali.

Internato in Spagna rimpatriò nel luglio 1944, e nel novembre dello stesso anno fu promosso capitano di fregata.

Durante l’internamento in Spagna venne colpito da un gravissimo lutto: il padre Alfonso, richiamato in servizio nel 1943 come comandante della piazza di Spalato, si rifiutò di seguire il generale Emilio Becuzzi che stava abbandonando la propria divisione a Spalato, la 15ª Divisione fanteria “Bergamo”, dopo aver ordinato la cessione delle armi ai partigiani slavi e venne fucilato il 30 settembre 1943 da militi della divisione delle SS Prinz Eugen presso Signo con l’accusa di aver fatto consegnare le armi del proprio reparto ai partigiani. Alfonso Cigala Fulgosi fu anch’egli decorato con la Medaglia d’oro al valor militare.

Al rientro in Italia trattò con gli inglesi un possibile sbarco a Trieste del ricostituito Reggimento San Marco in vista della fine della guerra, ma ricevette un netto rifiuto. Nel 1946, in seguito all’avvenuta proclamazione della Repubblica, decise di lasciare il servizio attivo, e transitò nella riserva nel febbraio 1947. Promosso al grado di capitano di vascello della riserva si dedicò alle attività della FISE, la Federazione Italiana Sport Equestri,della quale divenne anche presidente e con cui vinse tutti i titoli e le competizioni internazionali alle quali partecipò, continuando a occuparsene fino al termine della sua vita. Si spense a Roma il 1 novembre 1977.

Al comandante Cigala Fulgosi, decorato con la Medaglia d’oro al valor militare, tre Medaglie di bronzo e due Croci di guerra al valor militare è stato intitolato un pattugliatore della Classe Comandanti.

ONORIFICENZE 

Medaglia d’oro al valor militare

«Comandante di torpediniera di scorta ad un gruppo di motovelieri con truppe germaniche dirette a Creta per l’occupazione dell’isola, avvistata in pieno giorno una rilevante formazione navale nemica di incrociatori e cacciatorpediniere, manovrava con grande perizia e decisione per occultare il convoglio alle navi avversarie; si lanciava quindi all’attacco con temerario ardimento sfidando la schiacciante superiorità del nemico ed il suo violento tiro, e silurando un incrociatore che affondava colpito in pieno. Col suo gesto audace e coronato dal successo salvava il convoglio da sicura distruzione. Mare Egeo, 22 maggio 1941.»

Regio Decreto 1 agosto 1941.

Medaglia di bronzo al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare

«Ufficiale in 2ª di cacciatorpediniere e successivamente comandante di torpediniera ha dato opera appassionata ed assidua per la maggiore efficienza delle unità su cui era imbarcato. In lungo periodo di attività bellica ha partecipato a più scontri navali e a numerose missioni in acque aspramente insidiate, e, in avverse condizioni e nei pericoli corsi per l’attività nemica, ha dato costantemente prova di perizia marinaresca, consapevole ardimento ed elevate virtù militari. Mediterraneo Centrale e Orientale, giugno 1940-giugno 1941.»

Regio Decreto 31 dicembre 1942.

Medaglia di bronzo al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare

«Comandante di cacciatorpediniere di scorta a convoglio, violentemente attaccato da una formazione navale nemica, manovrava con elevata capacità e sereno ardimento al fine di meglio proteggere i piroscafi del convoglio e reagire validamente all’attacco. Colpita la sua unità, impartiva sotto il martellamento costante del nemico, tempestive ed efficaci disposizioni per la rapida rimessa in efficienza della nave con imperturbabile calma e prontezza di decisione. Nelle successive operazioni di salvataggio dei naufraghi di altre unità danneggiate si prodigava con vivo senso di abnegazione e di cameratismo e contribuiva in alto grado e rendere minime le perdite umane. Mediterraneo Centrale, 9 novembre 1941.»

Regio Decreto 31 ottobre 1942.

Medaglia di bronzo al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare

«Ufficiale superiore di brillanti qualità militari, al comando di unità sottili ha effettuato in acque fortemente insidiate dal nemico numerose contrastate missioni di guerra, superando difficoltà, opposizioni e pericoli con perizia marinaresca, elevato senso di dedizione al dovere e consapevole esemplare coraggio. Mediterraneo Centrale, giugno 1941-giugno 1942.»

Regio Decreto 18 maggio 1943.

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al Valor Militare

«Ufficiale in 2ª di cacciatorpediniere, partecipava a numerose, difficili missioni di guerra distinguendosi per attaccamento alla Nave e noncuranza del pericolo. Dotato di elevato sentimento del dovere, infondeva nei dipendenti tenace volontà ed entusiasmo contribuendo a mantenere l’Unità in perfetta efficienza. Nel corso di operazioni intese a rimorchiare in porto l’Unità capo pattuglia, gravemente danneggiata in aspro combattimento contro importante formazione nemica, si prodigava col massimo impegno per la riuscita del salvataggio, reso difficoltoso da attacchi aerei avversari contro le Unità della Divisione Navale. Mediterraneo, 28 novembre 1940.»

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare

Mediterraneo giugno 1943 – settembre 1943

Colonnello Ugo Montemurro Comandante l’ 8° Rgt. Bersaglieri

Ugo Montemurro

Nato a Portoferraio nel 1891, frequenta l’Accademia di Modena negli anni 1910-1913. Ne esce con il grado di Sottotenente dei Bersaglieri. 

Allo scoppio del 1° conflitto mondiale è al comando del IV° Battaglione Ciclisti dove a Case Bonetti e a Quota 144 si distinguerà. 

Quelle due vecchie ruote cigolanti che portano sudore, carne, sangue, speranze ed entusiasmi, sono sempre più valide, più vere e più dure di tutti i carri armati e di ogni mezzo moderno che corre, perché è anche con loro che i Bersaglieri hanno fatto la storia. Sono i ciclisti, sono i Bersaglieri del 1915. 

Li chiamano i conquistatori, i corsari, li chiamano nei modi più suggestivi. E’ gente che va’ allo sbaraglio e che sente il detto del filosofo cristiano Pollonio: “io amo la vita ma non temo la morte per amore della vita”. Ed è proprio questo il senso che conduce e porta avanti gli uomini del III, del IV, dell’XI battaglione ciclisti. Quanti nomi meravigliosi di comandanti! Frigerio, Bernasconi, Bosio, Ceccherini, Battinelli, Razzini; nomi di ragazzi di 22 di 23 anni! Montemurro ne ha 23 e comanda già il IV. E’ il battaglione che nel 1915 compirà azioni col III e l’XI. Quasi sempre abbinati, affiancati proprio perché fanno cuore. 

E  Montemurro dal novembre del 1918 comanderà questo gruppo di battaglioni e combatterà a Quota 85 vicino a Enrico Toti ed a Quota 144 con Paride Razzini. 

Montemurro prende parte a tutte le azioni più suggestive. Cave di Selz, Monfalcone, Case Bonetti. Questi ardenti e grandi uomini che lasciano le biciclette e si lanciano contro il nemico sono i sottotenenti del III e del IV che dalle donne di Portogruaro hanno avuto in dono una maglia tricolore da mettere sotto la giubba perché il nemico meglio veda che sono loro i responsabili, gli ufficiali, i comandanti. Tre medaglie d’argento nel 1915 e 1916, una medaglia di bronzo, quattro croci al valore, una croce con le palme di Francia! A Caporetto Montemurro viene fatto prigioniero da un tenente tedesco Erwin Rommel. Montemurro è preso ma salta il muro di cinta della casa dove l’ha lasciato Rommel e ritorna dai suoi Bersaglieri.

E’ presente alla battaglia del Solstizio, alla battaglia di Vittorio Veneto, a quella grande corsa che trova in Alberto Riva Villasanta dell’8° Reggimento, l’ultimo dei Caduti.

Un paesetto vicino a Vittorio Veneto gli dedica il nome. Egli entra e legge la targa; il paese si chiama……… Ugo Montemurro!. Nonostante gli incarichi è ancora capitano e viene mandato in Anatolia, per poi rientrare a comandare nuovamente i suoi ciclisti. Nel 1939 è al comando dell’8° Bersaglieri. E’ il comando di Frigerio, di Maggiotto l’Africano”, di Pirzio Biroli, è il comando del Reggimento che in Africa (Libia) ha scritto grandi pagine, le pagine più cruente e più insanguinate. Viene mandato sul Fronte Occidentale in Francia, e poi con la divisione “Ariete” sbarca in Africa Settentrionale. E’ il 1941. 

Ci sono già stati grandi eventi in quella terra, ma Rommel che conosce il suo passato lo vuole alle sue dirette dipendenze e la colonna “M” che prende il nome dalle iniziali di Montemurro ha il battesimo del fuoco l’8 aprile.  

Compie 350 Km. di corsa, nel deserto; tutti i mezzi si bloccano nella sabbia. Lo stesso comando italiano sente che non si può proseguire ma dalla “cicogna” arriva l’ordine di Rommel di raggiungere immediatamente la zona a sud di Derna, a El Mechili. 

Con una manovra che affina il senso della tattica e della strategia di un grande comandante, con il cuore, con il coraggio e con l’ardimento, Montemurro riesce a sgominare gli inglesi  del generale Perry che alza bandiera bianca e si arrende con altri due generali. Forse è l’unico episodio di tutta la nostra guerra nel quale siano stati fatti prigionieri più generali. Il comandante dell’Africa Korps, Erwin Rommel vuole il suo piumetto e lo decora sul campo con la Croce di Ferro tedesca di Prima Classe. 

Ne parla anche Wiston Curchill alla camera inglese e dice che a El Mechili “fummo costretti a ripiegare perché c’erano i Bersaglieri dell’8° di Ugo Montemurro”.  

Quella Colonna sale e si eleva nella leggenda. Diventa la forza personale di Rommel con tutto il suo rosario di nomi e di grandezze. Verrà una medaglia d’oro al Valore Collettivo per il Reggimento e per lui una Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia! il Reggimento che avrà poi tre Medaglie d’Oro nei giovani Formis, Padovani e Cova e un’altra d’oro alla Bandiera!. E’ sempre l’8°, sempre la Colonna “M” di Ugo Montemurro che dà epopea africana ed esalta lo spirito dei combattenti. Dopo l’Africa Montemurro è chiamato al fronte russo! Nel 1946 è promosso Generale per meriti di guerra e nel 1949 è collocato nella Riserva. 

Si ritira in silenzio a 58 anni sulle colline di Negrar. Sarà Presidente dell’Associazione Orfani di Guerra a Verona e Vice Presidente dell’Associazione Nazionale Bersaglieri. 

Colui che aveva scritto con le sue gesta un pezzo di storia dell’Italia, sente ancora lo spirito di partecipare con entusiasmo, fino in fondo, vicino ai suoi Bersaglieri. Ci esprimiamo così anche noi, come fece Fernando Feliciani nel suo discorso al camposanto di Sirmione il 7 settembre 1980 ricorrendo il primo anniversario della morte.

“Ecco la nostra cerchia di petti! Non si arriva a Ugo Montemurro senza rispetto. Non si arriva a Ugo Montemurro attraverso i nostri petti per portare la rinuncia, l’indifferenza, l’apatia e il materialismo. Attraverso la cerchia dei nostri petti passerà soltanto l’onestà e la dignità umana. Per arrivare a Ugo Montemurro passa soltanto l’Italia”. 

Le motivazioni delle onorificenze:

CAVALIERE dell’ORDINE MILITARE DI SAVOIA 

“Combattente, sette volte decorato al valore, formato dal reggimento bersaglieri affidatogli, arma potente ed anelante, granitica per unità d’intenti e valida preparazione, la scagliava e guidava con rara perizia e sereno sprezzo del pericolo fra le asperità del deserto ed enormi difficoltà logistiche contro corpo nemico superiore per numero e per mezzi, obbligandolo alla resa. Raggiunta ed occupata la posizione di punta dell’asse a contatto col nemico in terra egiziana, la manteneva con indomito valore, resistendo a reiterati formidabili attacchi di artiglieria, mezzi corazzati e fanterie molte volte superiori per potenza e per numero, senza arretrare di un pollice, anche laddove a presidio non era rimasto che lo spirito dei Caduti”

El Mekili, 8 aprile 1941, Sollum Capuzzo, 15 maggio 1941

CROCE di FERRO TEDESCA di PRIMA CLASSE 

Al comando dell’8° reggimento bersaglieri compie 350 Km. nel deserto e lo porta al contatto nemico sgominando l’intera 2^ divisione corazzata britannica del generale Perry che alza bandiera bianca e si arrende con altri due generali. Decorato sul campo dal comandante dell’Africa Korps, Erwin Rommel. El Mekili, 8 aprile 1941

MEDAGLIA d’ARGENTO al VM. 

“Sotto violento fuoco nemico, nonostante forti perdite, con mirabile calma, portava, velocemente ed ordinatamente, rinforzo ad altro reparto, cooperando al mantenimento di una posizione conquistata ripetutamente e violentemente contrattaccata dall’avversario. Assumeva in seguito il comando interinale di un battaglione dapprima, e poi quella di un gruppo bersaglieri ciclisti esplicando perizia e valore”. 

Monfalcone 6-9 maggio 1916.

MEDAGLIA d’ARGENTO al VM. 

“Lanciatosi al contrattacco in testa alla sua compagnia, mirabilmente incurante di sé, la trascinava con l’esempio e con la voce, alla riconquista di una posizione caduta in mano al nemico, riuscendo ad occuparla e ad affermarvisi. Riorganizzava ed inquadrava i militari dispersi di altri reparti, conducendoli al fuoco, riuscendo a trattenere l’impeto avversario ed a sventare un tentativo di avvolgimento contro la nostra truppa”. 

Monfalcone, 15-17 maggio 1916.

MEDAGLIA d’ARGENTO al V M. 

“Alla testa della propria compagnia si slanciava per la seconda volta all’assalto della trincea nemica, che concorreva a conquistare sotto raffiche di fucileria e mitragliatrici. Respingeva con la lotta corpo a corpo un forte contrattacco avversario, e durante un violento bombardamento che scoteva duramente la compagine del suo reparto con perdite di uomini e materiali, energicamente manteneva tutti al loro posto dimostrando serenità e coraggio ammirevoli”. 

Flondar, 26-27 maggio 1917

MEDAGLIA di BRONZO al VM. 

“Durante un violento bombardamento nemico, noncurante del pericolo, percorreva varie volte la fronte intensamente battuta, animando i dipendenti con la parola e con l’esempio, disponendoli con perizia nei punti più minacciati concorrendo così efficacemente al vittorioso risultato ottenuto dal battaglione e dando prova di esemplare fermezza e coraggio”

Selz, 25 aprile 1916

CROCE di GUERRA al VM. 

“Primo accorso con la sua compagnia presso il luogo dove erasi incendiato un deposito di munizioni, cooperava con energica calma, fra evidente pericolo, a mettere in salvo gli ammalati ancora giacenti nelle vicine case crollate” 

S. Osvaldo (Udine), 27 maggio 1917

CROCE di GUERRA al V.M. 

“Si distingueva per valore e tenacia nel tenere il comando della compagnia in momenti assai difficili”. 

S. Bartolomeo Molino Nuovo (Piave), 15-17 giugno 1918

CROCE di GUERRA al VM. 

“Comandante dell’avanguardia al Reggimento Cavalleggeri Monferrato, attaccava arditamente una forte retroguardia di una colonna carreggio nemica e, con sapiente manovra e spiccato coraggio, la teneva impegnata per tutta la notte, concorrendo, con l’azione di altri reparti. e, col fuoco dell’artiglieria, a recare scompiglio nella colonna stessa obbligandola ad abbandonare numeroso materiale”. 

S. Pietro di Stevenà, 30 ottobre 1918

PROMOZIONE per MERITO di GUERRA 

“Sul fronte della Marmarica, durante vari mesi di aspre battaglie alle quali ha partecipato quale comandante di un reggimento bersaglieri; al fronte russo in vari rischiosi e difficili incarichi ricoperti in tragiche circostanze durante la lotta partigiana successiva all’armistizio del settembre 1943, dava costante conferma delle eccezionali qualità di comandante, di cui aveva dato prove nelle precedenti guerre che con pari entusiasmo e dedizione, aveva combattuto”

A. S., Marmarica, gennaio luglio 1941; Starobelsk, fronte russo, 15-26 gennaio 1943; Lotta clandestina, 1944-45. 

Rommel in persona Decora sul Campo il Col. Ugo Montemurro C.te dell’ 8° RGT Bersaglieri, per avere percorso 350 Km nel deserto, di corsa, e sconfitto una intera Divisione CORAZZATA inglese, la  2^ divisione corazzata britannica del generale Perry che alza bandiera bianca, insieme ad altri 2 Generali.

Rommel, dopo la decorazione allunga la mano per stringerla al Grande Comandante Italiano.

«Il Comando del Corpo tedesco in Africa ha decorato di Croce di Ferro sul campo il Col. Montemurro per il magnifico comportamento dei bersaglieri ed artiglieri della sua colonna nel combattimento per la presa di EI Mechili. Altre proposte sono in corso per il conferimento della stessa decorazione ad altri militari della divisione distintisi nella stessa azione. 

Rivolgo al Col. Montemurro e a coloro che hanno partecipato alle azioni di EI Mechili il mio compiacimento per la bravura dimostrata. 

Questo mio riconoscimento del Valore dei soldati dell’Ariete ci sia di sprone nelle prove che saremo chiamati a sostenere in avvenire”. 

In patria, la giornata italiana di EI Mechili (8 aprile) rimase ignorata. Soltanto con ordine del giorno del 28 aprile 1941, il gen. Baldassarre poté riferirsi al fatto d’arme:

15a DIVISIONE CORAZZATA – COMANDO GRUPPO VON HERFF 

Zona Operazioni, 17 maggio 1941 

ORDINE DEL GIORNO 

“Esprimo il mio più alto elogio ai reparti Montemurro dell’8” Reggimento Bersaglieri ai miei ordini, per il valore dimostrato durante i gravi combattimenti del 15 maggio c.a. 

Ufficiali e truppa hanno tenuto le posizioni, impegnandosi fino all’ultimo. 

Il reparto preposto alla difesa dell’altipiano di Passo Halfaya ha resistito con leonino coraggio fino all’ultimo uomo contro preponderanti forze nemiche. La maggior parte di essi si è immolata, fedele alla Bandiera. 

Sia reso onore alla loro memoria! 

Continueremo a combattere e imporremo in tutte le situazioni la nostra azione al nemico, fino alla vittoria finale. 

Il presente Ordine del Giorno sia comunicato al più presto possibile a tutti i reparti del Reggimento. 

Col. von Herff” 

DISCORSO DI COMMIATO DALL’8° BERSAGLIERI

La sera dell’11 febbraio 1942, una sgradita notizia si diffuse tra i bersaglieri d’Africa: il supplemento all’ordine del giorno riportava il saluto del Col. Montemurro che, destinato al fronte russo, lasciava definitivamente il comando del reggimento: 

«Ufficiali, sottufficiali, bersaglieri dell’8°: 

Dopo lunga, dolorosa assenza, costretto alla rinuncia definitiva, cedo oggi il comando dell’8°! 

Con animo triste ed addolorato, vi porgo il mio saluto di congedo. 

Il mio spirito si trasporta oggi costà, su codesta dura aspra terra, dove nelle ben note buche, tra le postazioni e le armi, voi, cari compagni d’arme, che foste e siete ancora le mie creature dilette, vigilate al posto d’onore, in prima linea, di fronte al nemico. 

Mi vedo in mezzo a voi, riconosco uno ad uno i fieri cari volti adornati dall’adorato piumetto e, con dolorosa commozione, parlo a ciascuno, ciascuno stringendo al petto. E innanzi a tutti, su tutti sovrastanti per la smisurata statura raggiunta dai loro spiriti gloriosi, rivedo e saluto reverente tutti quelli che non sono più: tutti gli Eroi dell’8° che con il sacrificio delle loro balde esistenze sono i più degni e meritevoli tra noi; tutti i nostri Caduti che da Agedabia a Passo Halfaya hanno seminato la gloria dell’Ottavo Reggimento di Ferro. 

E rivedo tutti coloro che, pur combattendo strenuamente, cedettero alla sfortuna e, caduti in mano al nemico, conducono ora la più miserevole esistenza lontano dalla Patria amata e coloro che, per ferita o malattia non più rientrati al Reggimento del cuore, soffrono ora di esserne lontani, di non partecipare alle nuove gloriose battaglie, di non poterlo seguire e di non potere con esso raggiungere la desiata meta di vittoria! 

Miei diletti, mie amate creature, baldi e fieri bersaglieri dell’8°! 

Sempre mi avete dato grande soddisfazione, sempre il mio cuore di comandante ha esultato per le vostre gesta ed ha avuto motivo di essere fiero di voi. Fin dal giugno 1940, assumendo il comando di Reggimento, radunato nelle piaghe di Rezzato, rispondeste al mio saluto con la promessa più vibrante e, poi, in Africa, quando al chilometro 20 da Tripoli, prima di iniziare la marcia che doveva darci tanta gloria, mentre l’ora sembrava più triste perché fra noi ed il nemico baldanzoso sembrava che nessuno osasse opporre il proprio petto, voi rispondeste al mio appello con quel grido di esultanza che mi diede la più grande gioia, che mi apri il cuore alla speranza e alla grande certezza: certezza che l’8’ non sarebbe mai venuto meno alle sue nobili tradizioni dl gloria. che sarebbe stato degno del suo passato e l’avrebbe anzi superato anche nel momento più critico della nostra guerra. 

E così fù Superbi. audaci. vibranti di slancio e di ardore bersaglieresco. in ogni scontro con il nemico lasciaste la vostra ferrea impronta e per tutta l’aspra terra della Cirenaica, fino sulle rocce sconvolte dell’Halfaya, il vostro volo vittorioso di piume non ha avuto che un nome: 

Tutti vi hanno conosciuti ed ammirati Il nemico vi ha temuti, gli alleati tedeschi vi hanno apprezzato, i comandi tedesco e italiano vi hanno prediletti, i camerati delle altre armi vi hanno invidiati! 

Questo ho potuto constatare sempre col più grande orgoglio di vostro comandante. 

Ed anche durante la mia assenza, quando nuove dure prove avete affrontato. quando a Bir el Gobi vi faceste stritolare dai carri armati nemici piuttosto che cedere, foste degni del passato, foste gli stessi bersaglieri di EI Mechili, di Capuzzo e di Halfaya. 

Ed ora non sono più il vostro comandante, il mio nome non è più alla testa del più ferreo reggimento di bersaglieri d’Italia! 

Non sarò più con voi nelle nuove lotte, nelle nuove vittorie, nelle nuove glorie! 

La mia rinuncia è terribilmente dolorosa, il mio congedo estremamente triste. 

Ma io sarò sempre con voi, vi seguirò ovunque, vivrà sempre la vostra vita. 

Mentre il vostro comandante vi saluta, mentre bacia la diletta bandiera, vuole da voi la ferma promessa che sarete sempre più degni del passato, sempre i leggendari bersaglieri del ferreo 8’ in terra d’Africa! 

Ricordate che voi avete la grande ventura di poter guardare in viso il nemico. di potergli dire quello che merita. 

Dovete tener duro! Tener duro fino al momento in cui potrete marciare di nuovo verso est e volare alle calcagna degli inglesi. passare avanti alle tombe ove attendono i nostri gloriosi Caduti, presentare loro le armi, giurare di vendicarli e proseguire fino a raggiungere la meta agognata. ove finalmente potrete issare la Bandiera invitta dell’8’. 

F.to Col. Ugo Montemurro.”

Leggiamo alcune note biografiche

Seconda Guerra Mondiale

Dopo essere stato assegnato al comando dell’8º Reggimento Bersaglieri nel 1939, Montemurro, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, viene brevemente inviato in Francia e poi, insieme alla Divisione Corazzata “Ariete”, in Africa Settentrionale, come rinforzo alle truppe italiane duramente provate dall’Operazione Compass, sotto il comando dello stesso Rommel, che, conoscendo le sue capacità, richiederà la sua presenza sotto il proprio diretto comando.

Dopo una difficile avanzata nel deserto africano con tappe Homs, Misurata e Sirte, il battesimo del fuoco arriva ad El Mechili l’8 Aprile del 1941, quando Rommel richiede al Reggimento di Montemurro di portarsi a sud della città, diventata nel frattempo un importante centro logistico britannico e difesa dalle truppe della 3ª Brigata Motorizzata Indiana, insediatesi nei vecchi trinceramenti costruiti dagli italiani: il campo era stato già aggirato e circondato il giorno precedente dalla colonna del Tenente Colonnello Fabris.

Insieme a reparti corazzati della 5ª Divisione Leggera Tedesca, Montemurro attaccherà gli anglo-indiani comandati dal Generale Vaughan, obbligandoli alla resa dopo aver vanificato un contrattacco di due reggimenti nemici (grazie all’azione di cannoni da 75/27 e di due reparti di motomitraglieri): alla conclusione della battaglia, verranno catturati due generali nemici, due colonnelli e circa 1800 uomini tra truppa e ufficiali. Per quest’azione si meriterà l’elogio di Rommel ed una Croce di Ferro di I Classe.

Viene quindi inviato in Russia nel 1942, dove combatté fino all’anno successivo, e partecipò alla Resistenza tra il 1944 e il 1945.

Dopo il Conflitto

Finite le ostilità, Montemurro sarà promosso a Generale per Meriti di Guerra nel 1946 e collocato nella Riserva nel 1949; si ritirerà a 58 anni sulle colline di Negrar e presiederà l’Associazione Orfani di Guerra a Verona, diventando anche Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Bersaglieri: appassionato disegnatore, ha realizzato numerosi schizzi dei suoi bersaglieri.

Si spegne a Sirmione nel 1979, nel cui camposanto oggi riposa.

ONOREFICENZE

Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia

«Combattente, sette volte decorato al valore, formato dal reggimento bersaglieri affidatogli, arma potente ed anelante, granitica per unità d’intenti e valida preparazione, la scagliava e guidava con rara perizia e sereno sprezzo del pericolo fra le asperità del deserto ed enormi difficoltà logistiche contro corpo nemico superiore per numero e per mezzi, obbligandolo alla resa. Raggiunta ed occupata la posizione di punta dell’asse a contatto col nemico in terra egiziana, la manteneva con indomito valore, resistendo a reiterati formidabili attacchi di artiglieria, mezzi corazzati e fanterie molte volte superiori per potenza e per numero, senza arretrare di un pollice, anche laddove a presidio non era rimasto che lo spirito dei Caduti.»

 El Mekili, 8 aprile 1941, Sollum Capuzzo, 15 maggio 1941

Medaglia d’argento al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valor militare

«Sotto violento fuoco nemico, nonostante forti perdite, con mirabile calma, portava, velocemente ed ordinatamente, rinforzo ad altro reparto, cooperando al mantenimento di una posizione conquistata ripetutamente e violentemente contrattaccata dall’avversario. Assumeva in seguito il comando interinale di un battaglione dapprima, e poi quella di un gruppo bersaglieri ciclisti esplicando perizia e valore.»

Monfalcone 6-9 maggio 1916.

Medaglia d’argento al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valor militare

«Lanciatosi al contrattacco in testa alla sua compagnia, mirabilmente incurante di sé, la trascinava con l’esempio e con la voce, alla riconquista di una posizione caduta in mano al nemico, riuscendo ad occuparla e ad affermarvisi. Riorganizzava ed inquadrava i militari dispersi di altri reparti, conducendoli al fuoco, riuscendo a trattenere l’impeto avversario e a sventare un tentativo di avvolgimento contro la nostra truppa.»

Monfalcone, 15-17 maggio 1916.

Medaglia d’argento al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valor militare

«Alla testa della propria compagnia si slanciava per la seconda volta all’assalto della trincea nemica, che concorreva a conquistare sotto raffiche di fucileria e mitragliatrici. Respingeva con la lotta corpo a corpo un forte contrattacco avversario, e durante un violento bombardamento che scoteva duramente la compagine del suo reparto con perdite di uomini e materiali, energicamente manteneva tutti al loro posto dimostrando serenità e coraggio ammirevoli.»

Flondar, 26-27 maggio 1917

Medaglia di bronzo al Valor Militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al Valor Militare

«Durante un violento bombardamento nemico, noncurante del pericolo, percorreva varie volte la fronte intensamente battuta, animando i dipendenti con la parola e con l’esempio, disponendoli con perizia nei punti più minacciati concorrendo così efficacemente al vittorioso risultato ottenuto dal battaglione e dando prova di esemplare fermezza e coraggio.»

Selz, 25 aprile 1916

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare

«Primo accorso con la sua compagnia presso il luogo dove erasi incendiato un deposito di munizioni, cooperava con energica calma, fra evidente pericolo, a mettere in salvo gli ammalati ancora giacenti nelle vicine case crollate.»

S. Osvaldo (Udine), 27 maggio 1917

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare

«Si distingueva per valore e tenacia nel tenere il comando della compagnia in momenti assai difficili.»

S. Bartolomeo Molino Nuovo (Piave), 15-17 giugno 1918

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare

«Comandante dell’avanguardia al Reggimento Cavalleggeri Monferrato, attaccava arditamente una forte retroguardia di una colonna carreggio nemica e, con sapiente manovra e spiccato coraggio, la teneva impegnata per tutta la notte, concorrendo, con l’azione di altri reparti. e, col fuoco dell’artiglieria, a recare scompiglio nella colonna stessa obbligandola ad abbandonare numeroso materiale.»

S. Pietro di Stevenà, 30 ottobre 1918

Promozione al Merito di Guerra

«Sul fronte della Marmarica, durante vari mesi di aspre battaglie alle quali ha partecipato quale comandante di un reggimento bersaglieri; al fronte russo in vari rischiosi e difficili incarichi ricoperti in tragiche circostanze durante la lotta partigiana successiva all’armistizio del settembre 1943, dava costante conferma delle eccezionali qualità di comandante, di cui aveva dato prove nelle precedenti guerre che con pari entusiasmo e dedizione, aveva combattuto.»

A. S., Marmarica, gennaio luglio 1941; Starobelsk, fronte russo, 15-26 gennaio 1943; Lotta clandestina, 1944-1945.

Onorificenze Straniere

Croce di ferro tedesca di prima classe – nastrino per uniforme ordinaria Croce di ferro tedesca di prima classe

«Al comando dell’8º reggimento bersaglieri compie 350 Km. nel deserto e lo porta al contatto nemico sgominando l’intera 2ª divisione corazzata britannica del generale Perry che alza bandiera bianca e si arrende con altri due generali. Decorato sul campo dal comandante dell’Africa Korps, Erwin Rommel.»

El Mekili, 8 aprile 1941

LORIS NANNINI

Non posso fare a meno di dedicare questa pagina a Loris Nannini, mio compagno di prigionia al campo 74 di Oranki e 160 di Sussdal, per la vicenda esemplare in cui è stato coinvolto. Di lui ha parlato Franco Pagliano nel libro «In cielo e in terra» (Longanesi 1969); ma quel racconto non è completo; Nannini ha riservato agli amici i particolari della sua vicenda. Caduto prigioniero il 22 settembre 1941 in Ucraina, primo ufficiale italiano catturato dai russi, fu sottoposto ad una tortura feroce perché si voleva che indicasse dov’era il campo di aviazione da cui era partito. Nannini era tenente di aviazione; colpito il suo apparecchio si era lanciato col paracadute. I russi tentarono il tutto per tutto, ma Nannini non mollò, dimostrando una fortezza e sicurezza tale che il politruk, cioé il commissario politico ad un certo punto lo sottrasse alla furia, lo chiamò nel suo ufficio scusandosi con lui. 

Il commissario politico era Nikita Kruscev, un carneade qualunque nel 1941; Kruscev, credendo di essersi accattivato Nannini, un giorno blandamente lo invita a dire dov’è il campo di aviazione. Al rifiuto secco di Nannini, Kruscev si arrabbia e comincia a bestemmiare. Nannini, che aveva ormai messa persa la vita, dice a Kruscev che, nel caso in cui lo avesse sentito bestemmiare ulteriormente, avrebbe potuto reagire in modo violento. 

Kruscev guarda Nannini in modo divertito: quale reazione avrebbe potuto avere quel ragazzo malcapitato che gli stava davanti!!! E torna a bestemmiare. Nannini spinge Kruscev col tavolo contro il muro. 

Il piantone di guardia si lancia su Nannini, ma dall’altra parte del tavolo Kruscev grida alla guardia di non toccarlo, fissa a lungo Nannini, poi gli stringe la mano complimentandosi con lui del suo coraggio. Convoca gli ufficiali e Nannini capisce che Kruscev sta facendo loro il suo elogio; lo arguisce dagli sguardi di estremo interesse che piovono su di lui. Gli anni passano e l’oscuro commissario politico ucraino diviene il primo uomo dell’Unione Sovietica. 

Il 29 ottobre 1956, in un ricevimento al Kremlino, parlando degli italiani da lui conosciuti con la moglie del giornalista Vero Roberti, Kruscev accenna ad un valoroso ufficiale italiano. 1960 – Il Presidente Gronchi va al Kremlino. Kruscev insiste: “Ho conosciuto un bravissimo ufficiale vostro; ricordo che era d’aviazione; non ricordo il nome, se potessi incontrarlo gli stringerei ancora la mano e lo terrei mio ospite: vi ha fatto molto onore.” 

1961 – a Fanfani, egli pure in missione a Mosca, Kruscev ripete la stessa ammirazione e lo stesso invito. Ma nessuno in Italia riesce a rintracciare questo misterioso ufficiale di aviazione per dirgli che è aspettato al Kremlino da Nikita Kruscev in persona, che vuole ancora congratularsi con lui. 

La cosa piú incredibile è che l’interessato aveva letto i giornali, guardato le foto ed aveva ben capito che l’aspettato al Kremlino era proprio lui. Ma non si mosse. Quando il giornalista Franco Pagliano, che si era trovato lui pure al seguito dei nostri ed aveva udito tutto ed aveva giurato a sé stesso che sarebbe riuscito a scovarlo, lo trovò finalmente a Milano e gli gridò che Kruscev lo aspettava, si sentí dire: “Non mi interessa affatto, me ne sto a casa mia”.

 “Lascia almeno che io scriva di te; dimmi cos’è accaduto”. E fu allora che Nannini raccontò la sua storia, che Pagliano riportò in un capitolo del suo libro, capitolo intitolato: «Piaceva anche a Kruscev». Perché Nannini non è andato al Kremlino? Lo sappiamo noi, suoi amici, cui ha confidato ben piú di quanto abbia detto nell’intervista a Pagliano; sono innominabili le atrocità cui fu sottoposto in quel settembre 1941; ritornare davanti a quell’uomo sarebbe stato riaprire ferite troppo dolorose. Ma c’è anche un altro motivo: l’estrema modestia, la ripugnanza innata ad ogni forma di esibizione. 

Ora Nannini vive a Pistoia e quando compare ai raduni dei reduci, di mani ne stringe, ne stringe, a compensarlo anche di una incredibile disattenzione: elogiato dal nemico in una maniera cosí clamorosa, Nannini non ha avuto per quella vicenda un adeguato riconoscimento. 

NOTE BIOGRAFICHE

Nacque a Pistoia il 13 febbraio 1916, e dopo aver conseguito il diploma di scuola superiore, nel 1936 viene assunto alla Montecatini e si trasferì a Milano. Nello stesso anno viene ammesso al corso per Allievi Ufficiali Piloti di Complemento della Regia Aeronautica. Compì l’addestramento presso gli aeroporti di Aviano, Castiglione del Lago e Foligno, conseguendo il brevetto di pilota su aeroplano Caproni Ca.100. Nel 1937 ricevette la nomina di pilota militare su velivolo Fiat C.R.1 “Asso”; promosso al grado di Sottotenente, venne assegnato al 52º Stormo Caccia Terrestre basato sull’aeroporto di Ghedi, ed equipaggiato con velivoli da caccia Fiat C.R.32.

Nel corso del 1939 venne trasferito a Rodi, nelle isole del Dodecaneso, e l’anno seguente passò in forza al 22º Gruppo del 52º Stormo C.T. sull’aeroporto di Ciampino per compiere l’addestramento sul caccia monoplano Aermacchi C.200 Saetta. Nella primavera del 1941 andò a Milano per il collaudo dei C.200 e per il loro trasferimento verso l’aeroporto di Tirana, in Albania.

In Albania venne inquadrato, con il grado di tenente pilota, nel 22º Gruppo autonomo caccia terrestre destinato ad operare nel neocostituito Corpo di Spedizione Italiano in Russia.

Inviato sul Fronte orientale il 22º Gruppo, al comando del maggiore Giovanni Borzoni, venne dislocato sull’aeroporto di Krivoj-Rogn Ucraina.

Il 3 settembre 1941 egli decollò insieme ad altri 8 piloti,per intercettare una formazione di bombardieri sovietici. Sorvolando Novomoskovsk la formazione italiana scorse una autocolonna che stava transitando per la città. Gli aerei italiani si gettarono a volo radente iniziando a mitragliare la colonna nemica, quando la reazione della contraerea, posta in testa al convoglio, colpì il suo velivolo. I danni erano tali che egli, ferito alla testa, dovette lanciarsi con il paracadute, venendo immediatamente catturato una volta raggiunto il suolo.

Con lui viene abbattuto anche il collega Carlo Marchetto, che però fu meno fortunato: venne infatti mitragliato e ucciso dai russi mentre scendeva con il paracadute.

Durante le prime fasi della prigionia viene interrogato personalmente dall’allora ufficiale dell’NKVD Nikita Sergeevič Chruščёv per indurlo a svelare la posizione geografica dell’aeroporto militare da cui era decollato ma, nonostante le minacce di fucilazione[N 6] e le percosse subite, non svelò mai alcun segreto militare.

Dopo quattro giorni venne fatto salire su un aereo che lo trasferì dapprima a Kiev e poi a Mosca dove venne rinchiuso nella prigione della Lubianka.[2] Nel mese di novembre venne trasferito in quella della Butysrkaya, sempre sottoposto ad interminabili interrogatori.

Nella metà del mese di dicembre venne trasferito a Engels,dove venne rinchiuso in una cella occupata da undici ufficiali della Luftwaffe.Il 1º aprile 1942 venne trasferito a Penza, e il 20 giugno al Gulag n.27 di Krasnogorsk dove incontro un altro prigioniero di guerra italiano, l’ufficiale medico Enrico Reginato. Nel mese di luglio fu trasferito nuovamente, questa volta al campo n.74 di Oranki,nel dicembre del 1943 venne mandato nel campo n.160 di Suzdal,dove rimase fino al termine del conflitto.

Dopo cinque anni di prigionia venne rilasciato il 25 aprile 1946 rientrando in Italia, in pessime condizioni fisiche, il 9 luglio dello stesso anno. Solo nel 1948 poté riprendere il suo lavoro presso la Montecatini di Milano. Per il comportamento tenuto in prigionia gli fu conferita la Medaglia d’argento al valor militare, e transitato nel Ruolo d’Onore dell’Aeronautica raggiunse il grado di colonnello.

Nel 1960, durante un incontro con il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi,[6] l’allora Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) Chruščёv espresse il desiderio di rivederlo,ribadito l’anno successivo in un incontro con il senatore Amintore Fanfani. Tale incontro non ebbe mai luogo, probabilmente a causa della durissima prigionia da lui patita. Monsignor Enelio Franzoni lo convinse a pubblicare le sue memorie, uscite nel 1993 con il titolo di Prigioniero in URSS. Si spense a Milano il 31 marzo 1994.

A pubblicarne le memorie fu il figlio Giorgio, editore e medico. Anch’egli appassionato di volo, scomparve prematuramente nel 2004 in un incidente aereo con un Piper PA-28.

ONORIFICENZE 

Medaglia d’argento al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valor militare

«Cielo del Fronte Orientale, 9 agosto-2 settembre 1941.»

 26 ottobre 1948

Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare

«Pilota da caccia entusiasta ed arditissimo, durante la sua prima azione di guerra sul fronte orientale si prodigava oltre i limiti del dovere mitragliando automezzi avversari nonostante la fortissima reazione contraerea nemica, venendo abbattuto dalle armi che aveva consciamente sfidate. Cielo del Fronte Orientale, 9 agosto-2 settembre 1941.»

LUIGI CANEPPELE

Luigi Caneppele

La Strana storia di “GIGI TRE OSEI”

Articolo del giornale ” Le vie dell’aria ” del 21 marzo 1943….

La storia del 150° gruppo caccia.

IL 150° gruppo con il suo comandante in testa, è pronto a far faville se qualcuno dovesse per caso pronunciarsi contro il distintivo che ha adottato in Africa, durante i lunghi e duri mesi trascorsi a combattere nella sabbia.

Un distintivo che a prima vista appare incomprensibile , in quanto è fatto di una palma, di una duna sabbiosa, tre uccelli in formazione e un motto strano “ Gigi tre osei “.

La storia è questa :

“Gigi tre osei“ era un ufficiale di complemento.

Era precisamente il S. Tenente Pilota Luigi Caneppele, un aliantista olimpionico che, dopo essersi laureato in ingegneria aeronautica , aveva fatto il brevetto militare ed era capitato al 150°gruppo quando questo era a Caselle Torinese.

Si era presentato al reparto portando sulla tuta il distintivo da aliantista in possesso del brevetto C. Tre aquile stilizzate , ma stilizzate al punto che avevano dovuto chiedergli che cosa diavolo fossero.

“Tre Osei” aveva risposto Caneppele nel suo bel dialetto.

E da quel giorno era diventato per tutti “ Gigi Tre Osei “

Quando a un reparto un nomignolo sostituisce il cognome, vuol dire che il più è fatto.

Gigi era trentino, era biondo, era alto, era sempre pronto al volo, al canto e all’amore come tutte le creature felici.

Gigi era in gamba.

Era tanto in gamba che qualche tempo dopo dovettero trasferirlo a un gruppo di nuova formazione, perché addestrasse il personale giovane. Col nuovo gruppo partì per la guerra, combatté in Tunisia, prese la prima medaglia, poi fu trasferito in Africa con il secondo stormo, continuò a combattere e tornò infine a Caselle per un periodo di riposo.

Ma durante il riposo si lasciò un giorno prendere la mano dal cavallo rosso dell’entusiasmo e si mise a fare la gara con le rondini. Le rondini lo sapete volano basse e si posano sui fili, Gigi cercò di posarsi sui fili a sua volta, ma era più pesante delle rondini e ne venne fuori una scassata, un rapporto incidente di volo, una busta gialla e un trasferimento ad un reparto dove bisognava volar piatti per forza.

In questi casi non si transige.

Chi giudica e punisce dimentica che ai suoi tempi ha fatto anche lui le puntate, oppure ricorda di averle fatte e di essere andato a finire dentro.

Pensa che quelli erano bei tempi, si lascia prendere la mano dalla nostalgia, poi si scuote, ridiventa burbero e prende i provvedimenti del caso.

Sotto sotto però sorride al pensiero che, se quell’altro non è un pollo alla caccia ci tornerà lo stesso.

E Gigi ci tornò.

Ci tornò qualche tempo dopo nella maniera meno ortodossa e più impensata ma ci tornò.

Il suo vecchio gruppo si trasferiva in Africa. Su uno dei campi tappa il comandante era sceso dall’apparecchio, era andato a far pipì, aveva dato disposizioni per il rifornimento e stava attendendo l’ordine di partenza, quando si vide arrivare davanti

Gigi.

Un Gigi irriconoscibile, demoralizzato e abbattuto, un Gigi che si dava pugni in testa e diceva che lui lì sarebbe morto di inedia.

“ Comandante, portatemi con voi in Africa “.

“ In Africa? “ “ Ma che sei matto? “.

“ Comandante, sono matto, ma portatemi con voi in Africa, rinsavirò “

“ Ma come vuoi che faccia? “

“ Fate come volete, Comandante, ma non lasciatemi qui “

“ No senti, adesso tu rimani qui, vuol dire che ti richiederò e raggiungerai il gruppo laggiù “

“ Comandante, non chiedete niente, portatemi con voi subito “

“ Subito? E’ una parola! “

“ Sì comandante, è una parola, una sola, bellissima : Subito! Sentite come è bella? “

“ E’, lo sento! Ma poi chi li sente i signori superiori? “

“ Comandante, li sentiremo insieme, li sentiremo con tutto il gruppo schierato, li sentiremo come vorrete voi, ma adesso portatemi in Africa “

E così, per ore intere, al circolo, a mensa, in cameretta, dovunque il Comandante andasse, l’altro gli stava dietro e continuava quella lagna.

A volte, lo sapete, ci si mette di mezzo il diavolo.

Mentre il gruppo è in attesa di spiccare l’ultimo balzo si ammala uno degli ufficiali, il Comandante lotta con sé stesso, riflette, scuote la testa, riflette ancora, vede che l’ufficiale non guarisce , ci ripensa, poi di colpo decide e dice a Gigi di tenersi pronto a partire.

Gigi si schiaffava sull’attenti di fronte al Comandante, lo abbraccia con gli occhi, lo bacia con il pensiero, schizza in cameretta, fa fagotto e l’indomani all’alba parte per l’Africa insieme al suo vecchio gruppo.

La bomba scoppia dopo poco tempo, mentre il 150° è in piena attività di guerra.

Gigi, che porta sempre il suo vecchio distintivo da aliantista, è il più audace, il più instancabile, il più valoroso e popolare pilota del reparto.

I “ Tre Osei “ sono sempre in volo con lui, e attaccano, mitragliano, giostrano, si impennano, picchiano, battono ormai qualsiasi tipo di rondine che sorvoli la gialla crosta del deserto.

Quando scoppia la bomba, Gigi è preoccupato per il comandante. Va a finire che, se fanno tanto di impuntarsi, gli fanno saltare la promozione.

Il Comandante è preoccupato per sé e per Gigi. Va a finire che, se fanno tanto di impuntarsi, lo trasferiscono un’altra volta.

In ogni modo, non può far altro che far la guerra, scrivere una dichiarazione giustificativa, attaccarsi a tutte le maniglie possibili e chinare la testa sotto la burrasca.

La guerra continua, il suo gruppo fa miracoli, ottiene una citazione a bollettino e finalmente la burrasca si placa.

Gigi rimarrà con loro.

Rimarrà con loro continuando a combattere con quell’entusiasmo che non può essere descritto a parole, perché con certe cose non ci si può misurare a parole.

Rimarrà con loro sino a quando, durante un volo di trasferimento su un campo avanzato, volo per il quale si era offerto volontario perché era indispensabile trasportare subito su quel campo gli specialisti del gruppo, non cadrà nel tentativo di portare a termine a qualunque costo la missione che gli era stata affidata. Lui muore ma buona parte degli specialisti si salva.

Dopo la sua scomparsa, il Sottotenente Di Robilant, che era l’ufficiale sul cui apparecchio Gigi si era trasferito in Africa, volle ricordarlo facendo disegnare sull’apparecchio stesso i famosi “ Tre Osei “ .

Subito dopo con l’aggiunta di un nome, di una palma e di qualche duna , nacque spontaneo e bellissimo il distintivo del 150° gruppo caccia, i cui piloti hanno voluto fare in modo che “ Gigi Tre Osei “ rimanesse sempre con loro, anche dopo l’ultimo, definitivo, irrimediabile trasferimento.

Il Comandante Vizzotto ha detto che nemmeno il padreterno potrà convincere lui e i suoi piloti a cambiare insegna.

Ma ora che si conosce la storia, chi volete che gliela faccia cambiare?

Luigi Caneppele 384° SQ 157° gruppo nell’estate del 1940 l’aereo e’ un Macchi C200.

Il Gigi tre Osei su di un ME 109 della 365°SQ estate 1943 Sicilia.

e su di un Fiat G55 dell’ ANR.

Luigi Caneppele

Nacque a Lavarone (TN), il 23 Settembre 1913.

Completati gli studi superiori a Trento, si iscrisse alla facoltà di Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano, ed entrò a far parte del Centro Studi ed Esperienze di Volo a Vela, ove si mise rapidamente in luce, diventando uno dei migliori piloti, al punto di entrare a far parte della squadra nazionale di volo a vela, ed essere selezionato per le Olimpiadi di Berlino del 1936. In tale competizione conquistò il primato italiano di durata con un volo di sei ore e due minuti. Conseguita la laurea in ingegneria con tesi sulla progettazione aeronautica, si arruolò come ufficiale di complemento nella Regia Aeronautica.

Dopo una prima assegnazione al 150° Gruppo caccia, dove gli venne attribuito il simpatico soprannome, allo scoppio delle ostilità era in Sicilia, a Trapani-Milo, in forza alla 384a Squadriglia, 157° Gruppo C.T..

Quindi effettuò un ciclo in Africa settentrionale, in Libia, con la 78a Squadriglia, 13° Gruppo, del 2° Stormo. Distintosi in numerosi combattimenti, si conquistò una medaglia d’argento al valor militare. Rientrato in Italia, fu trasferito alla 77a Squadriglia, ma a causa di un incidente di volo fu trasferito alla ricognizione marittima. Il resto è , come detto sopra, storia nota, fino all’incidente del 1 febbraio 1942 quando, impegnato con un S.81 in una missione di trasporto personale ed equipaggiamenti, a causa di una tempesta di sabbia ebbe l’incidente che gli costò la vita.

Una seconda Medaglia d’Argento, questa volta alla memoria, gli venne conferita.

Luigi Caneppele fu sepolto all’ombra di una pala d’elica con sopra dipinta l’insegna che lo ha reso famoso.

Mi inchino e mi inginocchio davanti a cotanto Valore e vi invito cari lettori a riflettere e soffermarvi un attimo su questi Eroi Senza Memoria che io umilmente attraverso questo Blog, tento di portare in evidenza le loro gesta ed il loro sacrificio perchè non resti vano e privo del nostro ricordo.

Tornate su questo Blog: http://www.alessandrolopez.it

Onori a questi Eroi Senza Memoria Storie Uniche

Condividi!
5 Risposte
  1. Davide

    Particolari che non si trovano nemmeno nei libri di scuola e arricchiscono tratti della storia del ‘900 ai più sconosciuti

  2. Alberto

    Grandi eroi di cielo, di mare e di terra come direbbe qualcuno.
    Fortunatamente ce ne sono e queste tue pagine, almeno per un po, li fanno uscire dal silenzio.