EROI SENZA MEMORIA – INCURSORI DELLA MARINA MILITARE ITALIANA

EROI SENZA MEMORIA – INCURSORI DELLA MARINA MILITARE ITALIANA. Cari Lettori, bentornati a questo nuovo appuntamento nel mio Blog “Eroi Senza Memoria”, ormai diventato quasi un appuntamento quotidiano, ma devo dire con piacere che in questi giorni di fermo in casa, dopo le ore che dedico al mio lavoro, mi prendo una bella pausa nel tardo pomeriggio per rifugiarmi nella scrittura dedicando il mio spazio a questo grandi Eroi di ogni tempo. Oggi letterale degli eroi senza memoria gli incursori della marina militare italiana anche loro come tutti gli altri errori, hanno profuso un grande impegno E si sono distinti per coraggio, valori immensi che la Marina Militare esprimere, se vogliamo, anche in modo romantico.

E come sempre prima di accingermi a scrivere i miei articoli sono andato a reperire molte informazioni in rete su vari siti ufficiali che adesso vado ad elencare.

Il Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei” (COMSUBIN)

Il  Raggruppamento Subacquei ed Incursori della Marina Militare – costituito il 15 febbraio 1960 nella sua organizzazione attuale, per volontà dell’ammiraglio Gino Birindelli (Medaglia d’Oro al Valor Militare per l’operazione BG2 condotta con i mezzi di assalto della durante la 2° guerra mondiale) – è intitolato alla memoria del maggiore del Genio Navale Teseo Tesei, anch’egli Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Oggi Comsubin è retto da un Ufficiale Ammiraglio dal quale dipendono:

il Gruppo Operativo Incursori (G.O.I.), che costituisce l’unico reparto di Forze Speciali della Marina Militare erede degli uomini dei Mezzi di Assalto della Marina; 

il Gruppo Operativo Subacquei (G.O.S.), il reparto alle cui dipendenze sono posti i Palombari, gli operatori subacquei con le capacità d’immersione più spinte frutto di una tradizione residente in Marina da oltre 160 anni;

l’Ufficio Studi, il cuore pulsante dello sviluppo tecnologico dei materiali e mezzi utilizzati dagli uomini dei Gruppi Operativi

il Gruppo Scuole, suddiviso nelle scuole Subacquei, Incursori e di Medicina Subacquea ed Iperbarica, che oltre a selezionare e formare i nuovi Palombari, Incursori, Medici ed Infermieri, ha il compito di addestrare gli operatori subacquei di tutte le Forze Armate e Corpi di Polizia dello Stato;

il Gruppo Navale Speciale, alle cui dipendenze sono poste tre Unità Navali (Aneto, Pedretti e Marino) che sono state progettate per fornire il supporto subacqueo al personale dei Gruppi Operativi e delle Scuole di Comsubin;

il Quartier Generale del Raggruppamento, che assicura i servizi ed il mantenimento dell’efficienza del Comando al fine di consentire ai Gruppi sopra indicati di assolvere alla loro missione.

Il Comsubin ha sede nell’antica fortezza del Varignano la cui realizzazione si deve al Magistrato di Sanità della Repubblica Genovese che nel 1656 deliberò la costruzione di un grande Lazzaretto da erigersi sul tale promontorio.

Successivamente con l’avvento di Napoleone il Golfo della Spezia veniva dichiarato porto militare ed il Lazzaretto passò al servizio della Marina da Guerra francese (11 maggio 1808). Lì vi si installò la sede del Comando Militare del golfo e della guarnigione ed iniziarono gli studi per edificarvi un grandioso arsenale marittimo.

Al termine dell’epoca napoleonica il Varignano passò prima sotto il Regno di Sardegna e, successivamente, sotto quello d’Italia divenendo celebre per aver ospitato nel 1862 il Generale Giuseppe Garibaldi.

Nel 1888 terminava la funzione sanitaria delle strutture del Lazzaretto per assumere quella di Comando della Difesa Marittima locale e, successivamente, di Scuola del Corpo Reali Equipaggi di Marina per le categoria Torpedinieri e Radiotelegrafisti.

Il Varignano è diventata la sede dei Palombari dal 1910, quando la Scuola Palombari sorta a Genova il 24 luglio 1849 vi venne trasferita, e degli Incursori dal 1952, quando venne costituita tale categoria dall’esperienza acquisita dai Mezzi di Assalto della Marina durante il secondo conflitto mondiale.

Propulsore di quella che sarà l’epopea dei Mezzi d’Assalto italiani sarà il Maggiore del Genio Navale Teseo Tesei.  Grazie alla considerevole esperienza nel settore subacqueo che la Marina possedeva già da oltre 80 anni, il Maggiore Tesei, unitamente al Maggiore Elios Toschi, idearono il “Siluro a Lenta Corsa” (S.L.C.) che fu immediatamente ribattezzato col termine “maiale” dallo spirito toscano di Tesei.

Si trattava di un mezzo subacqueo che trasportava una carica esplosiva da oltre 200 Kg, in grado di muoversi sottacqua su brevi distanze, portando due operatori subacquei fin sotto le navi nemiche.

Nel 1938 presso il I° Gruppo Sommergibili si costituì così il Comando dei Mezzi d’Assalto, assumendo il nominativo di copertura I^ Flottiglia MAS, che venne cambiato in  X^ Flottiglia MAS nel 1940.

Nel settembre di quell’anno venne istituita la prima Scuola Sommozzatori presso il porticciolo di San Leopoldo dell’Accademia Navale di Livorno che fu realizzata ed avviata da Angelo Belloni. In questa scuola vennero accentrati ufficiali e sottufficiali provenienti da tutte le categorie per essere addestrati all’uso dei primi autorespiratori ad ossigeno, inventati dal Belloni stesso. Lì venivano individuate le peculiarità dei singoli subacquei che determinavano la loro assegnazione al gruppo degli uomini Gamma oppure a quello dei Siluri a Lenta Corsa.

In particolare, coloro che avrebbero dovuto specializzarsi all’uso degli SLC venivano inviati nella base di Bocca di Serchio, sita in un luogo isolato di proprietà della famiglia Salviati, dove in gran segreto si addestravano per poter condurre le eroiche imprese che fecero scalpore in tutto il mondo. 

Complessivamente, nel corso della seconda guerra mondiale (dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943), gli uomini dei Mezzi d’Assalto della Regia Marina affondarono o danneggiarono gravemente naviglio da guerra per 72.190 tonnellate e naviglio mercantile per un totale di 130.572 tonnellate. Le prede più significative furono le corazzate Valiant e Queen Elisabeth, colpite nella rada di Alessandria nella notte tra il 18 ed il 19 Dicembre 1941.

In riconoscimento del valore dimostrato dagli “Uomini dei mezzi d’assalto” della Marina Militare sono state assegnate:

la Medaglia d’Oro al Valor Militare allo stendardo della X^ Flottiglia MAS e successivamente alla bandiera del Raggruppamento Subacquei ed Incursori della Marina Militare;

33 Medaglie d’Oro, 104 Medaglie d’Argento, 33 Medaglie di Bronzo al Valore Militare  al personale dei “Mezzi d’Assalto” della Marina Militare (alla memoria o ai viventi).

Vediamo qualcosa sulla Flottiglia MAS

La Xª Flottiglia MAS, anche nota come Decima MAS, X MAS, 10ª Flottiglia MAS, o “la Decima”, fu un’unità speciale della Regia Marina italiana, prima flottiglia MAS istituita, il cui nome è legato a numerose imprese belliche di assalto e incursione. Nata nel 1939 come Iª Flottiglia M.A.S., era una delle tre flottiglie MAS della Regia Marina allo scoppio della seconda guerra mondiale. L’unità mutò ufficialmente la propria denominazione in “10ª Flottiglia M.A.S.” il 14 marzo 1941.

Soprattutto nella fase iniziale, le imprese dell’unità non furono coronate dal successo e comportarono molte perdite tra gli equipaggi, come nel caso del fallito attacco a Malta del 1941. Con il perfezionamento dei mezzi, si giunse a successi come quello della Baia di Suda (25-26 marzo 1941) o dell’impresa di Alessandria del 19 dicembre 1941, che privò per un lungo periodo la Royal Navy delle sue navi da battaglia nel Mediterraneo.

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, la Xª Flottiglia MAS, sotto il comando di Junio Valerio Borghese, rimase in gran parte bloccata a La Spezia dove si riorganizzò in corpo franco, poi entrato nella Marina Nazionale Repubblicana. Gli elementi rimasti al sud, assieme a numerosi prigionieri rilasciati dai campi di prigionia alleati, riorganizzarono l’unità con il nuovo nome di “Mariassalto”: tale unità della Regia Marina, di base a Taranto, comandata dal capitano di fregata Ernesto Forza, continuò le attività belliche agli ordini degli Alleati.

Nel 1954 il gruppo fu ricostituito con il nome di Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori).

La 1ª Flottiglia MAS

I componenti della I° Flottiglia MAS del 1939

Il 28 ottobre 1938 l’Ufficio piani e operazione della Regia Marina propose la costituzione della “1ª Flottiglia MAS”, con sede a Spezia. L’unità venne costituita il 23 aprile 1939 con comandante il capitano di fregata Paolo Aloisi[4]

Alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale la Marina decise inoltre di riprendere gli studi per l’impiego operativo del maiale e dei barchini. L’attività della flottiglia inizialmente fu tesa alla sperimentazione in segreto delle nuove armi della Marina; diventò quindi un’unità speciale, ad attività riservata.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel giugno 1940 era una delle tre flottiglie MAS in servizio, alle dipendenze dirette dello Stato maggiore della Marina.

Fu confermato l’utilizzo dei mezzi presenti nella 1ª Flottiglia (5 squadriglie, con complessivi 20 MAS) e fu inoltre riconosciuta formalmente la specialità degli uomini d’assalto, sommozzatori in grado di nuotare fino a sotto le navi nemiche per collocarvi dell’esplosivo. I mezzi usati per trasportare queste testate esplosive, del peso di circa 300 kg, erano dei siluri modificati, noti come siluri a lenta corsa o “maiali”.

Il reparto subacqueo era ora comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese. Nel centro esisteva un Reparto tecnico-sperimentale, comandato dal tenente di vascello Angelo Belloni, per gli studi e le indagini sulle applicazioni di nuove attrezzature, che dovevano migliorare l’efficienza e la sicurezza di tutte le apparecchiature subacquee in dotazione alla flottiglia. Tra gli utilizzatori vi era il Gruppo Gamma, comandato dal tenente di vascello Eugenio Wolk; questo gruppo introdusse l’impiego di pinne e guanti palmati durante gli addestramenti alle future missioni[5].

Quanto ai motoscafi modificati, i barchini esplosivi, essi vennero inquadrati in una unità comandata da Giorgio Giobbe, che non venne inizialmente utilizzata perché queste imbarcazioni venivano considerate “mezzi di ripiego”.

I “barchini” avevano la loro base alla Spezia, al “Balipedio Cottrau” del Varignano.

Per il successo delle incursioni era necessario anche un equipaggiamento speciale, non solo dal punto di vista dei mezzi offensivi, ma anche dei dispositivi di navigazione (bussole) e degli accessori (profondimetri): il tutto fu oggetto di un attento studio.

Ma in primo piano veniva sempre la fortissima motivazione con la quale gli operatori della Xª andavano in azione, diretta contro il potenziale bellico piuttosto che contro gli uomini.

«Nel corso di tutta la seconda guerra mondiale i mezzi d’assalto della Marina Italiana hanno subito perdite percentuali elevatissime, hanno inflitto duri colpi al nemico in momenti particolarmente critici della situazione navale nel Mediterraneo, ma non hanno ucciso praticamente nessuno…

…il mezzo d’assalto è stato l’unico mezzo di guerra che mirò unicamente alla distruzione del materiale del nemico…»

Gli esordi

Il sommergibile Gondar in banchina alla Spezia.

A prua della falsatorre si notano i due contenitori cilindrici destinati a ospitare i siluri a lenta corsa.

Le prime azioni di attacco si conclusero con risultati poco incoraggianti, a volte disastrosi. Nella prima missione, denominata G.A.1, destinata ad attaccare la rada di Alessandria d’Egitto, il 22 agosto 1940 nel golfo di Bomba il sommergibile Iride, che aveva caricato quattro SLC dalla motonave Calipso, e la motonave Monte Gargano, vennero affondati dagli inglesi con elevate perdite umane.

Cinque marinai dell’Iride, silurato da uno Swordfish, vennero salvati proprio da alcuni degli operatori della Xª che al momento dell’affondamento del sommergibile erano temporaneamente sulla Monte Gargano.

Una seconda operazione contro Alessandria, la G.A.2, e una contro Gibilterra, la B.G.1, si conclusero senza esiti positivi, anche se con minori perdite umane: nella missione G.A.2 vi fu un morto e il sommergibile Gondar venne autoaffondato dopo un’agonia di diverse ore, mentre la seconda, condotta dal comandante Borghese sul sommergibile Scirè, venne annullata quando il sommergibile era già alla volta di Gibilterra, perché la squadra navale bersaglio dell’incursione era uscita dal porto. Con l’affondamento del Gondar, oltre all’equipaggio vennero fatti prigionieri dagli inglesi il comandante Giorgini e anche diversi incursori.

Il 29 ottobre 1940 lo Scirè (comandato ancora da Borghese e con tre SLC a bordo), tentò nuovamente un’azione denominata B.G.1 contro Gibilterra, che venne interrotta e ritentata con denominazione B.G.2 il 30 dello stesso mese. La coppia de la Penne – Bianchi venne subito intravista da un’imbarcazione nemica e per non destare sospetti portarono in immersione il loro SLC, che però si guastò non permettendo più la risalita.

I due assaltatori lo abbandonarono e raggiunsero a nuoto la costa spagnola. Tesei e Pedretti, che pilotavano un altro SLC, furono capaci di arrivare all’imboccatura del porto, ma al momento dell’immersione constatarono che i loro respiratori non funzionavano, e dovettero desistere affondando il mezzo e nuotando fino alla riva spagnola, da dove vennero rimpatriati assieme a de la Penne e Bianchi.

Birindelli e Paccagnini, nonostante problemi di galleggiamento con il loro mezzo, un respiratore bucato e una velocità alquanto ridotta, riuscirono con grande abilità ad arrivare a 70 metri dalla corazzata Barham superando le reti antisiluro poste in sua difesa. A questo punto, inaspettatamente, l’SLC si bloccò sul fondale. Birindelli (rimasto solo in quanto Paccagnini era risalito in superficie per mancanza di ossigeno) tentò di trascinare la testata fin sotto la nave nemica, ma dopo poco tempo dovette abbandonare i suoi propositi in quanto stremato. Risalito in superficie tentò di fuggire, ma venne scoperto e preso prigioniero assieme a Paccagnini dai soldati inglesi.

La missione fu un totale insuccesso, ma almeno era stata dimostrata la capacità dei palombari di penetrare in un porto nemico ben presidiato.

La ricostruzione come Xª Flottiglia MAS

Dopo questi costosi fallimenti iniziali, e in seguito alla cattura in settembre del comandante Mario Giorgini, il comando dell’intero reparto venne affidato al capitano di fregata Vittorio Moccagatta. Il 15 marzo 1941 la 1ª Flottiglia MAS fu ribattezzata da Supermarina (proprio su proposta fatta il 10 marzo 1941 da Moccagatta) 10ª Flottiglia MAS. Il nuovo nome fu scelto in riferimento alla legione prediletta di Giulio Cesare, la Legio X Gemina.

Dopo la ricostruzione i primi successi e poi l’attacco a Malta e la morte di Tesei, Nel maggio successivo fu tentata un’altra missione contro il porto di Gibilterra, ancora con il sommergibile Scirè comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese e ancora caratterizzata da un fallimento dovuto a problemi tecnici dei mezzi.

Il Forte Sant’Elmo nel 2008; a destra, il vuoto occupato prima dell’attacco dalle ostruzioni fatte saltare dagli MTM italiani

A luglio un’ambiziosa e temeraria azione contro Malta, denominata Malta 2, finì invece in un disastro. Il 25 e 26 luglio 1941 la Xª MAS provò ad attaccare il possedimento inglese partendo dalla nave appoggio Diana e da due MAS, il 451 del sottotenente di vascello Giorgio Sciolette e il 452 al comando del tenente di vascello Giobatta Parodi (recante a bordo il capitano di fregata Vittorio Moccagatta e il capitano medico Bruno Falcomatà) con loro un consistente gruppo di barchini esplosivi e due SLC: il piano operativo dettagliato nell’Ordine di Operazione 5/A prevedeva che durante la notte l’SLC facesse saltare le ostruzioni di ponte sant’Elmo che chiudevano il porto di La Valletta, e immediatamente i barchini avrebbero dovuto irrompere nel varco e colpire le navi all’ancora.

L’altro SLC avrebbe dovuto attaccare i sommergibili inglesi in porto. Le tre ricognizioni di Moccagatta avevano concluso (erroneamente) che i proiettori fossero asserviti agli aerofoni, in base alle osservazioni del loro comportamento durante le incursioni aeree; in realtà esistevano efficienti impianti radar che rilevarono le unità italiane a lunga distanza privandole di qualsiasi effetto sorpresa.

L’attacco iniziale alle ostruzioni doveva essere portato dal maggiore Tesei, fondatore del gruppo, che visto il ritardo accumulato a causa delle varie avarie ai mezzi si portò con il suo SLC insieme con il 2º capo palombaro Alcide Pedretti per far saltare le ostruzioni.

Le difese dell’isola erano però entrate in stato di allerta grazie agli avvistamenti radar; Tesei saltò in aria col suo mezzo spolettato a tempo zero (esplosione immediata) facendo crollare una parte del ponte girevole di sant’Elmo, ma ostruendo anche il passaggio; molti degli incursori che si lanciarono in successione contro l’entrata vennero falciati dalle postazioni che difendevano l’imboccatura di una delle due baie che costituiscono il porto, Marsamuscetto (l’altra è il Grand Harbour, o Porto Grande); infine, all’alba, decollarono dagli aeroporti dell’isola (Ħal Far e Luqa) trenta aerei da caccia Hurricane inglesi del 126º, 185º e 251º Squadron che individuarono le navi appoggio italiane e le colpirono duramente, causando anche molti morti e feriti, tra i quali Moccagatta, nonostante venissero contrastati da dieci caccia Macchi M.C.200 del 54º Stormo. Nella battaglia aerea secondo gli italiani vennero abbattuti tre Hurricane contro due Macchi, mentre gli inglesi affermarono di aver abbattuto tre Macchi perdendo un solo Hurricane.

Per l’azione a Tesei verrà concessa la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, così come a Pedretti (entrambi reduci da una prima missione contro Gibilterra e superstiti all’affondamento del sommergibile Iride durante l’operazione G.A.1), e a Moccagatta.

Il bilancio complessivo dell’azione fu di 15 morti e 18 prigionieri sulle circa 50 persone che avevano partecipato all’azione, mentre solo 11 in parte feriti rientrarono a bordo del Diana scortato dal MAS 544 e dalla torpediniera Cigno ad Augusta; ad esse si aggiunse la perdita di due MAS (il MAS 452 venne catturato ed è esposto in museo a Malta), due SLC e otto MTM, uno dei quali venne catturato intatto dai britannici.

I fallimenti furono comunque utili per accumulare esperienza e mettere a punto tecniche e materiali. Anche l’episodio di Malta, che avrebbe potuto segnare la fine dell’incursione subacquea, divenne invece lo sprone per fare meglio: al comando arrivò Ernesto Forza, proveniente dalla IIª Flottiglia MAS, nuove risorse furono assegnate ai reparti d’assalto, mentre a quelli subacquei e di superficie si affiancò il nuovo “Gruppo Gamma”, costituito da nuotatori d’assalto.

Il 20 settembre 1941 finalmente i “maiali” dello Scirè a Gibilterra riuscirono ad affondare due piroscafi e una petroliera militare. Il dicembre successivo la Xª Flottiglia MAS effettuava l’azione più nota, l’affondamento delle navi da battaglia britanniche HMS Valiant e la nave ammiraglia HMS Queen Elizabeth.

Dopo aver fatto questo excursus storico di ricerca veniamo al racconto più dettagliato e raccolto con un’accurata e duratura ricerca fatta di  testimonianze dirette, raccolta di immagini e tanto altro materiale che il mio Fratello D’Armi William, mi ha gentilmente messo a disposizione per scrivere questi appassionanti articoli sempre volti a ricordare le gesta di tanti Eroi Senza Memoria che devono oggi “risorgere”, consentitemi il termine, nei nostri cuori e nelle nostre menti affinchè possano essere Onorati e rocordati in ogni modo. Io ho messo a disposizione il mio Blog in rete per questa ragione, oltre a tanti articoli che hanno attinenza con la mia professione, ma voluto fortemente dedicare una parentesi su questa rubrica dedicata a tutti gli Eroi senza nessuna distinzione di Corpo, Specialità comprendendo anche i Civili; e di Eroi Senza Memoria tra i civili ce ne sono tanti ed anche per loro in questa rubrica ci sarà spazio.

Dopo Malta.

” Il nemico li ha compresi .

Gli Alleati hanno presentato le armi a quei ragazzi .

La X Flottiglia M.A.S. ha dimostrato a tutti come si può perdere una guerra salvando l’ Onore della Patria e della Marina .

I suoi Mezzi d’ Assalto , nelle ultime disperate missioni di attacco , non avevano dipinto alcun cerchio nero sui loro piccoli scafi , non avevano alcun guidone nero sull’ asta di bordo .

A poppa ha sempre sventolato una bandiera bianca , rossa e verde .

A prua ha sempre garrito al vento un gagliardetto , da una parte azzurro con scritto in rosso X FLOTTIGLIA M.A.S. , dall’ altro bianco con scritto in azzurro PER L’ ONORE .

Fino alla fine . ”

Capitano Di Corvetta Giorgio Giobbe

“Non sollecitare Ricompense. La più bella ricompensa è quella di aver portato a termine la missione che ci è affidata. Le medaglie, le ricompense, gli elogi, gli onori, rendono fieri chi li riceve per lo spontaneo riconoscimento di chi li giudica, non chi li sollecita o li mendica”

Incursore F. Capriotti

La palla passò decisamente in mano agli italiani per quanto concerne le operazioni di disturbo nei confronti del naviglio britannico ormeggiato presso Malta . A tal proposito , fin dall’ estate 1940 la Regia Marina aveva disposto lo schieramento di una decina di barchini esplosivi M.T.M. presso la base di Augusta ( Sicilia ) in previsione di un futuro attacco da portarsi contro i porti della Grand Harbor e di Marsamxett ( pronuncia Marsamscètt – N.D.R. ) . Nel marzo 1941 , alla vigilia dell’ operazione di forzamento della baia di Suda ( Creta ) che avrebbe portato all’ affondamento dell’ incrociatore pesante YORK ( 8250 tonnellate ) e della nave cisterna PERICLES ( 8234 tonnellate ) entrambi battenti bandiera britannica , il reparto dei mezzi d’ assalto prese il nome di Decima Flottiglia M.A.S. al comando del Capitano di Fregata Vittorio Moccagatta , con i Capitani di Corvetta Junio Valerio Borghese e Giorgio Giobbe a presiedere rispettivamente ai mezzi subacquei e a quelli di superficie ; a coordinare le operazioni si sarebbero avvicendati gli Ammiragli De Courten , Varoli Piazza e Giartosio . La presa di Malta si rendeva necessaria anche al fine di impedire che gli incrociatori ed i sommergibili presenti nei porti dell’ isola ponessero in essere attacchi nei confronti dei convogli di rifornimento destinati alle truppe dell’ Asse schierate sul fronte africano . I preparativi per un attacco della Decima iniziarono sul finire dell’ aprile del 1941 .

Il comandante Moccagatta presentò all’ Ammiraglio De Courten una dettagliata relazione comprendente i piani dell’ operazione e , al fine tanto di saggiare le capacità di reazione delle batterie di difesa costiera poste a difesa delle imboccature della Grand Harbor e di Marsamxett quanto di convincere Supermarina ( l’ organo preposto al comando dei reparti d’ assalto della Regia Marina ) in merito alle concrete possibilità di successo per una eventuale azione , l’ ufficiale prese personalmente parte a due operazioni di ricognizione per mezzo di una coppia di M.A.S. partiti dalla base di Augusta ( una delle quali si svolse nella notte del 25 maggio ) . Moccagatta manovrò per portarsi fino a quattro miglia dai bastioni de La Valletta al fine di effettuare il riconoscimento della costa , dell’ entrata della Grand Harbour , ove erano ormeggiati principalmente navi cargo ed incrociatori , e della base sottomarini di Marsamxett . Gli uomini della Royal Malta Artillery di guardia presso le fortificazioni circostanti la baia , percepito il rumore dei motori diesel dei due M.A.S. , accesero i proiettori in cerca di movimenti in mare senza però rilevare nulla . Una volta fatto rapporto ai suoi diretti superiori , Moccagatta potè dare il via all’ operazione ” MALTA 1 ” programmata per il 30 maggio ; causa la mancanza di navi in rada segnalata tramite rilevazione aerea la missione dovette però essere annullata . Approfittando del posticipo dell’ azione , il 26 giugno Moccatta effettuò una ulteriore operazione di ” intelligence ” presso il porto nemico portandosi questa volta fino a sole due miglia dalla costa e riuscendo a distinguere chiaramente le luci dei proiettori posti in funzione per un possibile raid aereo riflettersi sulla pietra dal caratteristico colore dorato delle abitazioni . Il 28 giugno tutto sembrava pronto per l’ inizio delle operazioni , ma la rottura di un motore forzò gli incursori a desistere dal piano il quale venne nuovamente posto in essere due giorni dopo solo per essere annullato a causa delle pessime condizioni meteorologiche riscontrate in mare . Il posticipo dell’ operazione di circa un mese diede ad un giovane e brillante ufficiale del Genio Navale , il Maggiore Teseo Tesei , la possibilità di partecipare all’ operazione .

Alloggiamento per l’incursore

Il primo dispiegamento operativo del S.L.C. (Siluro a Lenta Corsa)lo si avrà con l’ operazione G.A.1 ( 12 agosto 1940 ) , volta al forzamento della baia di Alessandria . Il sommergibile avvicinatore IRIDE al comando del Tenente di Vascello Francesco Brunetti , incaricato di trasportare i Siluri e gli incursori in zona operazioni ( fra questi erano presenti lo stesso Tesei , Toschi ed i Tenenti di Vascello Luigi Birindelli e Durand de la Penne ) , viene rilevato da ricognitori britannici ed affondato da aerosiluranti alle ore 11:20 circa del 22 agosto . Gli incursori restano illesi ed hanno la possibilità di abbandonare il sommergibile per tempo partecipando alle operazioni di recupero di sette compagni rimasti imprigionati nella camera di lancio di poppa . Si tenta di salvare i pochi uomini intrappolati per mezzo delle attrezzature fatte sopraggiungere da Tobruk , e dalle ore 18 :00 Tesei si immerge numerose volte al fine di rilevare la posizione dei superstiti all’ interno dello scafo.

Finalmente , alle 18:25 , il coraggioso ufficiale del Genio Navale ha modo di individuare i sette commilitoni , i quali saranno riportati in superficie per mezzo dell’ allagamento della camera di lancio ove costoro si trovavano intrappolati.

I marinai possono finalmente rivedere la luce del sole e riabbracciare i compagni scampati al disatro , ma vi è ancora un compito da porre a termine . Tra la sorpresa di tutti Tesei si rituffa in acqua , quando riemerge ha stretto in pugno il Tricolore posto sul sommergibile IRIDE : i commilitoni scattarono sull’ attenti .

Quando il 30 giugno 1941 la spedizione nota quale ” MALTA 1 ” venne annullata causa le avverse condizioni meteorologiche , a Tesei si presentò l’ occasione di proporre l’ inclusione dei ” suoi ” S.L.C. nel piano d’ azione nella speranza di poter prender parte attiva all’ operazione imminente . La sera del 25 luglio 1941 gli uomini della Decima Flottiglia M.A.S. salparono dalla base navale di Augusta alla volta di uno dei porti maggiormente fortificati del Mediterraneo : aveva inizio l’ operazione ” MALTA 2 ” .

Attaccare Malta avrebbe significato tentare di espugnare una vera e propria fortezza ; lungo gli stessi bastioni che già nel 1565 avevano fieramente resistito all’ invasione turca , gli uomini della Royal Malta Artillery avevano posto i propri pezzi d’ artiglieria in grado di battere tanto i cieli quanto i mari in cerca di una qualche traccia della presenza nemica.

Il dispositivo di difesa nell’ area del Grand Harbor e di Marsamxett era stato approntato assegnando ad ogni batteria costiera un settore di tiro tanto verso il mare quanto contro i cieli ; l’ artiglieria e le mitragliatrici pesanti erano in grado di spazzare i rispettivi settori di tiro ( decisamente ristretti se si pensa che l’ ampiezza massima raggiunta da entrambe le baie è di soli 350 metri circa ) con invidiabile efficacia permettendo di erigere un vero e proprio muro di fuoco contro chiunque avesse tentato di attraversare indenne l’ area . Un complesso sistema di riflettori oppurtanamente occultati all’ interno delle mura avrebbe permesso inoltre di illuminare quasi a giorno la zona del porto . All’ imboccatura di entrambe le baie erano inoltre state poste apposite ostruzioni tanto di superficie quanto subacquee . Nel Grand Harbor l’ ostacolo principale sarebbe stato costituito dal ponte girevole il quale era posto tra Forte Sant’ Elmo ed un molo roccioso il quale si allungava dinnanzi l’ imboccatura della baia ; dal ponte pendeva una rete d’ acciaio la quale si estendeva anche in profondità . Tra il molo e Forte Ricasoli era inoltre posta una rete antisommergibile minata , un ostruzione di simile fattura chiudeva in ultimo la baia dallo stesso Forte Ricasoli a La Valletta . A completare l’ impenetrabile difesa dell’ isola venne posta , fin dal marzo 1939 e ad ovvia insaputa degli italiani , una delle prime rudimentali installazioni radar britanniche la quale sarebbe stata probabilmente in grado di individuare il mezzo avvicinatore ( l’ Avviso Veloce Diana ) . Sembra inoltre che , verità a lungo nascosta dagli inglesi anche a decenni di distanza dal termine del conflitto mondiale , l’ ammiragliato di Malta , per mezzo dell’ intercettazione di messaggi provenienti dalle macchine di codifica ENIGMA utilizzate dall’ Asse per comunicare e decriptate tramite la macchina ULTRA , avesse ricevuto un’ informativa riguardo ad un imminente attacco da parte italiana così che il personale in servizio presso le batterie costiere venne posto sotto massimo stato di allerta .

Alle ore 20:00 circa del 25 luglio 1941 il dispositivo d’ attacco della Decima veniva ad esser così composto :

– Avviso Veloce DIANA ( 1568 tonnellate ) al comando del Capitano di Corvetta Mario di Mauro incaricato di trasportare fino a venti miglia dal ” PUNTO C ” nove M.T.M. , un M.T.S. ed un M.T.L. recante a rimorchio due S.L.C.

– M.A.S. 451 del Sottotenente di Vascello Giorgio Sciolette

– M.A.S. 452 al comando del Tenente di Vascello Giobatta Parodi e recante a bordo il Capitano di Fregata Vittorio Moccagatta ed il Capitano Medico Bruno Falcomatà

A comando dell’ operazione Moccagatta ed il Capitano di Corvetta Giorgio Giobbe .

Il piano d’ azione per l’ operazione MALTA2

Una volta giunti in prossimità del ” PUNTO C ” , l’ Avviso Veloce Diana avrebbe rilasciato il proprio carico costituito da un M.T.S. al comando di Giobbe e con a bordo il Sottocapo Cannoniere Leonildo Zocchi e il Secondo Capo Motorista Luigi Costantini , un M.T.L. con a bordo le due coppie di piloti del S.L.C.1 e del S.L.C.2 costituite rispettivamente da Tesei e dal Secondo Capo Palombaro Alcide Pedretti e dal Tenente di Vascello Francesco Costa ed il Sergente Luigi Barba nonchè nove M.T.M. rispettivamente pilotati da Bosio , Frassetto , Carabelli , Marchisio , Montanari , Follieri , Pedrini , Zaniboni , Capriotti . I M.A.S. 451 e 452 avrebbero aperto la strada fino a cinque miglia da La Valletta ove Tesei e Pedretti sarebbero stati rilasciati a bordo del S.L.C.1 per portarsi fin sotto al ponte girevole in prossimità di Forte Sant’ Elmo e far saltare con la carica del proprio mezzo le ostruzioni retali così da permettere alle squadre di M.T.M. di irrompere attraverso la Grand Harbor ; tutto ciò mentre il S.L.C.2 di Costa e Barba avrebbe distrutto le ostruzioni all’ imboccatura di Marsamxett .

Un M.T.S. al comando di Giobbe avrebbe guidato la formazione fino a 1000 metri dall’ obiettivo per poi ritirarsi in posizione coperta ed eseguire il recupero degli incursori i quali sarebbero tornati a nuoto verso il punto di estrazione . Il Sottotenente di Vascello Roberto Frassetto a bordo del proprio M.T.M.2 si sarebbe lanciato contro il ponte sotto Forte Sant’ Elmo in caso di fallimento di Tesei onde aprire un varco nelle ostruzioni ( i Motoscafi da Turismo Modificati o M.T.M. permettevano all’ operatore di puntare il bersaglio con il proprio mezzo il quale era munito di una carica esplosiva ; il pilota si sarebbe eiettato dal mezzo pochi istanti prima dell’ impatto contro il bersaglio ) con il M.T.M.3 del Sottotenente Armi Navali Aristide Carabelli quale riserva .

Il Sottotenente di Vascello Carlo Bosio , portatosi con il M.T.M.1 a 500 metri da forte Sant’ Elmo , avrebbe condotto l’ assalto all’ interno della baia con i compagni a seguito sul M.T.M.4 del Segnalatore Vittorio Marchisio , 5 del Secondo Capo Cannoniere Vincenzo Montanari , 6 del Secondo Capo Meccanico Alessandro Follieri , 7 del Secondo Capo Enrico Pedrini , 8 del Capo … Pietro Zaniboni , mentre il M.T.M.9 del Capo Meccanico Fiorenzo Capriotti avrebbe dovuto attaccare eventuali unità nemiche che avrebbero potuto interferire nell’ azione . Alle ore 20 00 il dispositivo salpò da Augusta .

Cartina del piano d’azione per l’operazione Malta2

Il piano d’ azione per l’ operazione MALTA2

“Maggiore è imperativo che la carica esploda alle ore 4.30, al massimo alle 4.41 se lei ha fallito dovrò dar ordine agli altri di far saltare il ponte”. Con queste parole il comandante Vittorio Moccagatta congedò il maggiore Tesei, che a sua volta rispose: “Non si preoccupi comandante, a costo di spolettare a zero, alle 4.30 l’ostruzione salterà”. Così descrive Gianni Bianchi il commiato tra i due componenti del gruppo destinato alla missione di forzatura del porto grande di La Valletta, nell’isola di Malta, nella notte tra il 25 e 26 Luglio 1941.

Alle ore 23:00 l’ Avviso Veloce DIANA ed il suo carico di mezzi giunsero presso il ” PUNTO C ” ; non appena posti in acqua i mezzi , un cavo da rimorchio finito tra le eliche del M.A.S.451 lo portò ad urtare contro un M.T.L. causandogli uno squarcio sulla scafo il quale costrinse il M.A.S. a rimanere in posizione arretrata raggiungendo però ben presto i compagni presso il ” PUNTO B ” .

Come pianificato , Giobbe con il suo M.T.S guidò la formazione fino a 1000 metri dal porto de La Valletta , raggiungendo il punto inizio attacco alle ore 02:00 . I S.L.C. delle coppie Tesei / Pedretti e Costa / Barba vennero posti in acqua alle 03:00 per muovere rispettivamente verso ponte Sant’ Elmo e Marsamxett . Il Siluro a Lenta Corsa 1 di Tesei avrebbe dovuto portarsi sotto il ponte girevole per farlo saltare in aria alle ore 04:30 circa in concomitanza con un raid aereo diversivo sull’ aeroporto di Luqa ( pronuncia Luha ; NDR ) , ma il Maggiore del Genio Navale dovette ritardare la propria partenza verso l’ obiettivo al fine di porre rimedio ad un guasto meccanico occorso al Siluro a Lenta Corsa 2 di Costa ; quando finalmente l’ inconveniente tecnico venne rimediato Tesei e Pedretti poterono mettersi in movimento , ma a causa della forte corrente i due Siluri erano fortemente scaduti dai propri punti di inserzione . Erano le 03:35 , in meno di un ora i due incursori avrebbero dovuto portarsi sull’ obiettivo piazzare la carica ed allontanarsi : divenne ben presto fin troppo evidente che , al fine di permettere la riuscita della missione , Tesei ed il suo secondo pilota avrebbero dovuto tentare di piazzare ugualmente la carica sotto il ponte anche non disponendo del tempo necessario per allontanarsi dal luogo della deflagrazione .

L’ ultima persona a vedere Tesei in vita fu il Tenente di Vascello Francesco Costa , primo pilota del secondo S.L.C. ; a costui Tesei disse ” Presumo che non farò in tempo altro che a portare il mio apparecchio sotto la rete . Alle quattro e trenta la rete deve saltare e salterà . Se sarà tardi spoletterò a zero ” ; da quel momento in poi Tesei ed il suo secondo pilota Pedretti , che lo avrebbe fedelmente accompagnato fino alla fine , si allontanarono venendo inghiottiti dall’ oscurità .

All’ insaputa degli incursori , una postazione radar sita sull’ isola aveva registrato l’ avvicinamento dell’ Avviso Veloce DIANA al ” PUNTO C ” alle ore 22:30 , e benchè la piccola flotta di battelli d’ assalto risultasse del tutto invisibile alle stazioni anglo-maltesi , l’ ultimo contatto radar registratosi alle ore 23:00 circa mise definitivamente in allerta gli uomini della Royal Malta Artillery .

Il raid aereo su Luqa venne lanciato alle ore 04:15 circa da un solo apparecchio e con un quarto d’ ora di anticipo . Alle 04:44 un boato assordante eccheggiò per la baia : era il segnale che Tesei e Pedretti erano riusciti a portare a termine il proprio compito sacrificando generosamente le proprie vite sull’ altare della Patria . La conferma del coraggioso gesto compiuto dai due ci arriva direttamente dal rapporto redatto da Costa ” ( … ) non ha potuto avere il tempo di arrivare a rete per eseguire le operazioni di spolettamento con un conveniente anticipo per allontanarsi dalla zona di esplosione . Alle 04:45 ho udito lo scoppio.

Il Maggiore Teseo Tesei ha volutamente , per la riuscita dell’ azione , sacrificato la sua vita, con quella del suo secondo uomo che con lui ha voluto eseguire la missione fino alla fine , spolettando al minimo e saltando col suo ordigno”.

Dei due eroi non si seppe effettivamente più nulla ; una maschera con brandelli di carne e capelli venne rinvenuta nei pressi del ponte , mentre i rottami del Siluro a Lenta Corsa saranno ripescati dallo specchio di mare dinnanzi Forte Sant’ Elmo solamente nel 1966 .

Ma la missione fallì, persero la vita complessivamente 15 militari, tra i quali lo stesso maggiore Tesei e il suo secondo Alcide Pedretti, al quale poco prima dell’attacco aveva chiesto: “Alcide sei d’accordo?” La risposta dell’eroico lunigianese di Comano gli tolse ogni dubbio: “Maggiore, sono stato con lei ad Alessandria, a Gibilterra e ci rimarrò anche stavolta, costi quel che costi”.

Il crollo di Ponte Sant’ Elmo in un olio del pittore Rudolf Claudus esposto presso l’ Accademia Navale di Livorno

” ( … ) occorre che tutto il mondo sappia che vi sono italiani che si recano a Malta nel modo più temerario ;

se affonderemo qualche nave , oppure no , non ha molta importanza :

quel che importa è che noi si sia capaci di saltare in aria con il nostro apparecchio sotto l’ occhio del nemico ( … ) “

Maggiore del Genio Navale Teseo Tesei

Non appena udito lo scoppio del Siluro di Tesei e Pedretti venne dato il via all’ attacco ; Bosio sul M.T.M.1 diede l’ ordine di procedere con l’ assalto . Partendo da circa cento metri dall’ obiettivo , Frassetto si lanciò contro le ostruzioni retali del ponte senza che il suo M.T.M.2 riuscisse nell’ opera di danneggiamento . Ormai lanciatosi dal barchino , Frassetto segnalò mezzo torcia la posizione del bersaglio ai suoi compagni . Il M.T.M.3 di Carabelli ripetè l’ azione ed il pilota (racconta Frassetto, gli passò accanto in piedi sul suo mezzo, a braccia aperte e sorridendo si lanciò contro l’obiettivo) morì dilaniato dall’ esplosione per non aver volutamente premuto i comandi del seggiolino eiettabile del mezzo : l’ impatto contro il ponte fu talmente violento che parte di esso crollò in mare finendo per bloccare il varco ai rimanenti mezzi .

Nelle parole del Sergente Zammit della Royal Malta Artillery riviviamo i drammatici momenti dell’ inizio dell’ attacco ” Improvvisamente udii il suono di una imbarcazione , e benchè fosse ancora buio la vidi dirigersi verso il ponte ; ho dato l’ allarme e la mia postazione si è messa all’ opera proprio mentre l’ imbarcazione colpiva il ponte saltando in aria . I fari illuminavano la scena , a poca distanza dal ponte vidi un’ altra piccola imbarcazione , ho diretto il cannone su questo e con i primi due colpi è saltata in aria ; nuovamente ho mirato contro una terza e con i primi colpi questa è esplosa .

Vidi tre altre dirigersi verso la Grand Harbour , tutte le bocche da fuoco le bersagliavano , una di esse venne distrutta e le altre due danneggiate . Circa un quarto d’ ora dopo vidi due oggetti non identificati in lontananza , ho diretto il pezzo contro uno di essi , dopo 10 / 15 secondi le imbarcazioni si sono mosse ed ho immediatamente aperto il fuoco ; dopo qualche secondo tutte le altre postazioni hanno cominciato a bersagliare i battelli i quali hanno cominciato a zigzagare al fine di evitare il fuoco di sbarramento ” .

Non appena dato il via all’ attacco quindi , un inferno di fuoco si scatenò contro gli incursori , e l’ oscurità della baia venne squarciata dal baluginare dei riflettori i quali fendevano il buio della notte al fine di dirigere il fuoco delle batterie costiere contro gli invasori . Il Motoscafo da Turismo Modificato 6 di Follieri venne colpito e la deflagrazione fece perder conoscenza a Frassetto ancora in acqua .

Stessa sorte colpì il M.T.M.4 di Marchisio , il quale , ferito , venne sbalzato in acqua . I M.T.M.7 ed 8 , danneggiati , furono autoaffondati dai propri piloti Pedrini e Zaniboni . Bosio, ferito sul suo M.T.M.1, settò il dispositivo di autodistruzione del proprio barchino morendo dilaniato dalla deflagrazione per non esser riuscito a porsi al sicuro in tempo utile . Capriotti , rimasto in copertura con il Motoscafo da Turismo Modificato 9 , venne colpito mentre tentava di sganciarsi dal fuoco delle batterie costiere e , costretto a lanciarsi dal proprio M.T.M. raggiunse in acqua Marchisio trasportando il compagno ferito verso riva . Costa e Barba , a bordo del Siluro a Lenta Corsa 2 , dopo aver assistito inermi alla morte dei propri commilitoni decisero di non rendere maggiormente pesante il bilancio di sangue e , dopo essersi allontanati da Marsamxett ed al termine di circa cinque ore di navigazione con il proprio mezzo , raggiunsero la terra ferma venendo immediatamente individuati e catturati dagli anglomaltesi .

Ponte Sant’Elmo

Nel frattempo il Capitano di Corvetta Giorgio Giobbe unitamente a Zocchi e Costantini , pur essendo rimasto in posizione arretrata a bordo del proprio M.T.S. al fine di porre in essere il recupero degli incursori , veniva fatto oggetto del fuoco delle batterie costiere . L’ imbarcazione manovrò a lungo al fine di evitare il fuoco avversario cercando di rimanere nella zona prestabilita per l’ estrazione nella vana speranza di recuperare qualche incursoro eventualmente di ritorno ( Giobbe era infatti stato in grado di udire le esplosioni dei barchini attribuendole però al fatto che i mezzi erano stati in grado di colpire i bersagli assegnati ) .

Quando Giobbe decise di far ritorno al ” PUNTO B ” verso i M.A.S. 451 e 452 ( su quest’ ultimo si trovava il Capitano di Fregata Moccagatta con il Capitano Medico Bruno Falcomatà ) , il sole aveva ormai iniziato a rischiarare la zona d’ operazioni e trenta Hurricane del 126° , 185° e 251° Squadrone si levarono in volo dai campi d’ aviazione di Luqa per dare la caccia alle imbarcazioni superstiti congiuntamente ai natanti della Royal Navy ; quasi contemporaneamente dieci Macchi 200 del 54° Stormo si portavano verso le imbarcazioni della Decima per coprirne la ritirata .

La battaglia che ne seguì fu caotica e furiosa . Il M.A.S. 451 del Sottotenente di Vascello Giorgio Sciolette tentò di abbattere , mitragliandolo dal mare , un apparecchio britannico , ma l’ imbarcazione fu colpita ai serbatoi e nove uomini d’ equipaggio sui tredici imbarcati riuscirono a salvarsi gettandosi in acqua e finendo prigionieri del nemico . Il M.A.S. 452 ( il quale aveva imbarcati Moccagatta , Giobbe , Falcomatà e diciassette uomini d’ equipaggio) viene colpito e a perdere la vita sono i tre ufficiali unitamente a sei marinai . I rimanenti undici uomini trovano la salvezza allontanandosi a bordo del M.T.S. di Giobbe il quale era stato rimorchiato dal M.A.S. ormai semidistrutto ricongiungendosi con il DIANA nei pressi di Capo Passero .

Apoteosi

I due Mas approdarono velocissimi nel porticciuolo di…… . In un attimo da bordo e da terra, si pensò a scaricare i feriti mentre il fumo annebbiava tutto all’intorno. Della battaglia erano stati informati gli Alti Comandi da un ricognitore che, da alta quota, vi aveva assistito.

Verso la direzione del probabile approdo furono inviate le autoambulanze, che quasi volavano sulla strada asfaltata tra Siracusa e …….. Lo sbarco era avvenuto rapidamente. I superstiti e gli accorsi cominciarono a gettare sugli incendi palate di sabbia che era stata scaricata il giorno avanti da un bragozzo. Un medico civile accorso si prodigò sui feriti.

Moccagatta e Giobbe erano uno accanto all’altro, immobili, e sorridevano al cielo. Le bandiere di bordo erano state ammainate per coprirli. Il crocchio della gente accorsa era muto e desolato. Il sottufficiale silurista di Moccagatta, che lo aveva sempre fedelmente seguito, si scoprì. Si scoprirono tutti. Poi recitò la Preghiera del Marinaio che ogni sera i naviganti rivolgono a Dio.

L’ operazione ” MALTA2 ” aveva così termine con uno dei bilanci maggiormente tragici mai subiti dalla Regia Marina e dalla Decima Flottiglia M.A.S. : quindici erano stati gli operatori a perdere la vita , diciotto i prigionieri mentre due M.A.S. , due S.L.C. ed otto M.T.M. andarono distrutti o catturati . La Decima registrava inoltre la perdita dei propri comandanti e di alcuni fra gli incursori maggiormente valorosi .

A cagion dell’ eroismo dimostrato vennero concesse otto Medaglie d’ Oro ( due delle quali vennero assegnate a Tesei e Pedretti per il loro volontario sacrificio ) una sola di queste ad un vivente , tredici Medaglie d’ Argento , sette Medaglie di Bronzo ed una Croce al Valor Militare . Nei cieli si registrava invece l’ abbattimento di tre Hurricane britannici e due Macchi italiani ( gli inglesi affermeranno invece di aver abbattuto tre apparecchi italiani a fronte di un Hurricane ) .

” Memento audere semper ” , ” ricorda di osare sempre ” recitava uno dei motti ideati dal Vate Gabriele D’ Annunzio per le squadriglie M.A.S. della Regia Marina all’ indomani della celeberrima ” beffa di Buccari “dell’ 11 febbraio 1918 cui lo stesso ” poeta soldato ” prese parte . L’ operazione ” MALTA2 ” sembra riassumere alla perfezione lo spirito della Decima e nonostante il suo tragico epilogo sembra aver contribuito alla formazione del mito che circonda tale reparto tanto , se non più , delle imprese maggiormente fortunate della Flottiglia quali Alessandria e Gibilterra .

Vero è il fatto che l’ operazione si risolse in un vero e proprio massacro , ma altrettanto innegabile è che tale drammatica pagina della storia della Regia Marina ci regalò episodi di coraggio e spirito di abnegazione che sarebbero rimasti noti in eterno e che gli stessi anglomaltesi avrebbero ricordato negli anni a venire . Il 4 ottobre 1941 Sir Edward Jackson , Vice governatore di Malta , elogiò sulle pagine del Daily Mirror il coraggio degli incursori italiani che avevano posto in essere lo spericolato attacco . A tuttoggi , all’ interno del War Museum a La Valletta , un’ ampia sezione è dedicata all’ operazione ” MALTA2 ” e , con lo spirito di galante cavalleria proprio dell’ isola , tanto gli assaltatori italiani quanto i difensori anglomaltesi vengono ricordati con pari rispetto e meriti in onore del coraggio che non mancò da entrambe le parti .

Non è un caso quindi che , quando si giunga a trattare tale capitolo del Secondo Conflitto Mondiale , non manchino termini quali ” glorioso insuccesso ” . Benchè lo scopo dell’ operazione fosse ovviamente quello di colpire bersagli militari e tentare di riportare a casa sani e salvi il maggior numero di incursori , dalle parole dello stesso Tesei è possibile comprendere come la possibilità di un insuccesso fosse effettivamente presente.

La Decima aveva fallito nel distruggere gli obiettivi navali , ma l’ intento di far sentire i britannici non al sicuro neanche all’ interno di quella che costituiva una vera e propria ” fortezza nel Mediterraneo ” era perfettamente riuscito , ed era questo probabilmente lo spirito che da sempre animava qualsiasi azione della Decima: esser presenti per dimostrare all’ avversario il proprio coraggio e la propria audacia anche in situazioni che avrebbero visto qualsiasi altro reparto desistere dall’ azione .

Questa filosofia di fondo potrà meglio esser compresa nelle parole del Comandante Junio Valerio Borghese il quale ci parla di come sia nato l’ emblema della Decima :

” L’ idea dello scudetto con il teschio e la rosa rossa venne ricordando il Comandante Todaro (Siciliano, Messinese) , Medaglia d’ Oro , una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre ( 1943 ; NDR ) . Todaro , come Teseo Tesei , un altro dei nostri eroi , aveva lasciato negli uomini della Decima una traccia profonda ed indelebile . Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita , che cercava più che la vittoria la bella morte . Non importa – diceva – affondare la nave nemica . Una nave viene ricostruita . Quello che importa è dimostrare al nemico che vi sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario . Fra l’ altro , prima di cadere , aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l’ emblema di una rosa rossa in bocca a un teschio : Perchè per noi – ci aveva detto – la morte in combattimento è una cosa bella , profumata . Nel suo ricordo disegnammo lo scudetto . E mai , forse , un distintivo fu capito e portato con tanta passione . Perchè sintetizzò veramente lo spirito rivoluzionario , beffardo coraggioso , leale , che animò , in terra e sul mare , gli uomini della Decima repubblicana ” .

“..l’ insuccesso di Malta, il più duro e sanguinoso di quanti ne abbiano mai affrontato gli uomini dei mezzi di assalto, ma anche circonfuso di vicende così mirabili, da farne senza dubbio l’ insuccesso più glorioso; così glorioso, che qualsiasi marina del mondo potrebbe ambire di iscriverlo nella sua storia” – Marc’ Antonio Bragadin

Termina qui questo nuovo racconto, questo percorso degli “Eroi Senza Memoria”.

Questa sera concludo questo articolo solo con un saluto a tutti Voi lettori ed un rinnovato Grazie e William. Continueremo a scrivere delle belle pagine per non dimenticare…

EROI SENZA MEMORIA – INCURSORI DELLA MARINA MILITARE ITALIANA

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