ULTIMI SOLDATI SENZA SMARTPHONE DEL 1985
ULTIMI SOLDATI SENZA SMARTPHONE DEL 1985, è il titolo di questo mio blog conclusivo dopo vari articoli che hanno avuto lo stesso titolo con una numerazione progressiva dove io, in qualità Ufficiale dell’Esercito Italiano che ha prestato servizio di prima nomina presso l’82° Battaglione Fanteria Meccanizzata “Torino” di Cormons, Medaglia d’Oro al Valor Militare nel 1985, ho intervistato tutti i miei subalterni fanti assaltatori del Battaglione chiedendo loro di raccontarmi la loro personale esperienza in quel periodo, i valori acquisiti nel tempo, ma soprattutto per evidenziare il forte senso di attaccamento a quella Istituzione e la nostra Amicizia che dura da ben 37 anni.
Non ci siamo mai persi di vista, noi gli ultimi soldati senza smartphone del 1985, ci siamo ritrovati tutti sui Social e da tre anni abbiamo un folto gruppo su Whatsapp dove ogni giorno ci scambiamo costanti messaggi augurandoci il buongiorno la buonanotte, condividiamo le nostre giornate, le nostre foto, i nostri viaggi i ricordi di quel periodo che affiorano nella memoria di ciascuno di noi, nella costante ricerca di nuovi commilitoni disposti ad entrare in questo gruppo. Si, ogni giorno, noi gli ultimi soldati senza smartphone del 1985. Una finestra sempre aperta sulle nostre giornate, gli umori, gli eventi. Un gruppo di Amici con la “A” maiuscola.
Una bella valvola di sfogo per essere tutti uniti visto che risiediamo tutti sparsi per l’Italia. Ogni tanto ci si ritrova nei raduni ufficiali presso Cormons ed attualmente nella sede dell’82° Reggimento di Fanteria “Torino” che si trova presso la Caserma Stella di Barletta in provincia Di Bari.
Questa volta ho richiesto proprio a loro, gli ultimi soldati senza smartphone del 1985 di intervistarmi per potermi dare la possibilità di raccontare la mia esperienza sul campo e ciò che ne ho tratto negli anni a seguire.
Prima delle domande che ho ricevuto e delle risposte che scriverò in questo articolo vorrei dare dei cenni storici di questo glorioso Reggimento.
Questo Blog è nato da una ispirazione durante un mio viaggio in moto. Dopo 38 anni ho voluto ripercorrere l’intero itinerario di una esercitazione di pattuglia armata che nel lontano 1984 feci durante il Corso Allievi Ufficiali con il mio 117° Corso. In quella occasione fu un cammino di 150 chilometri percorsi a piedi durante la notte, e invece oggi quelle stesse strade in una giornata le ho percorse tutte con la mia moto.
LE ORIGINI
Il 1° Novembre del 1884 si forma la Brigata “Torino” per la quale è costituito l’81° e 82° Reggimento Fanteria. Il reggimento fornisce personale per la campagna d’Eritrea (1895/96) e partecipa al completo alla campagna di Libia dal 1911 al 1913 meritando una Medaglia d’Argento al Valor Militare.
NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Allo scoppio della prima guerra mondiale combatte sul fronte dolomitico, in particolare sul Col di Lana, Volkowniak, Capo Sile, Piave Vecchio, Piave nuovo, Stenico e Val Giudicarie. Viene decorato con l’Ordine Militare d’Italia e la seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare. In attuazione dell’ordinamento 1926 è sciolto il 31 ottobre dello stesso anno.
NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Ricostituito il 1° Luglio 1938 come 82° Reggimento Fanteria 2Torino” entra nella prima unità binaria “tipo” che inquadra anche l’81° fanteria ed il 52° artiglieria e nel 1939 la stessa diventa Divisione fanteria “Torino”.
Partita per la Russia nel 1941 seguirà l’epopea del Corpo di spedizione durante la campagna italiana di Russia, al ritorno dalla quale tutta la divisione sarà soppressa nel febbraio 1943. Nel giugno 1943 la Divisione “Veneto” cambia denominazione in Divisione “Torino” ed il 256º fanteria diventa 82º Reggimento fanteria, ma è ancora sciolto nel settembre 1943.
TEMPI RECENTI
Il 1º settembre 1950 si ricostituisce a Forlì l’82º Reggimento fanteria “Torino” in seno alla Divisione di Fanteria “Trieste”. Impiegato nel Raggruppamento “T” costituito in occasione della riconsegna di Trieste all’Italia nel 1954, allo scioglimento di quest’ultimo passa in forza alla Divisione fanteria “Folgore”, acquisendo fregio e mostrine peculiari della divisione nonché l’adozione del basco, ai tempi copricapo speciale, accasermandosi prima a Trieste e quindi a Gorizia. Verrà sciolto il 19 ottobre 1975, tranne il II battaglione, denominato 82º Battaglione meccanizzato “Torino”, di stanza a Cormons, al quale vengono affidati bandiera e tradizioni reggimentali. Assegnato alla Brigata meccanizzata “Gorizia” della Divisione meccanizzata “Folgore”, ne segue l’evoluzione che porterà allo scioglimento delle due Grandi Unità.
Il 3 settembre 1992, il Battaglione è inquadrato nel ricostituito 82º Reggimento fanteria “Torino” e passa alle dipendenze della Brigata corazzata “Ariete”, con sede a Cormons. Dal novembre 2002 il Reggimento si ridisloca in Barletta alle dipendenze della Brigata corazzata “Pinerolo”.
L’82º Reggimento fanteria “Torino” oggi
L’82º Reggimento fanteria “Torino” fa parte della Brigata meccanizzata “Pinerolo”, che a sua volta dipende gerarchicamente dal Comando Forze operative Sud
STRUTTURA
Comando di reggimento;
Compagnia comando e supporto logistico;
1º battaglione meccanizzato (articolato in 4 compagnie);
1 ^ Compagnia Fucilieri
2 ^ Compagnia Fucilieri
3 ^ Compagnia Fucilieri
Compagnia di supporto alla manovra
ONOREFICENZE
Decorazioni alla Bandiera di Guerra
Croce di cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia
Conferita con R.D. il 5 giugno 1920
Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o nell’aspra battaglia, conobbe ogni limite di sacrificio e di ardimento; audace e tenace, domò infaticabilmente i luoghi e le fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d’Italia.
Medaglia d’Oro al Valor Militare
Decreto 31 dicembre 1947
Già decorato di medaglia d’argento per le vittorie riportate sul fronte orientale durante il primo anno della campagna di Russia, splendeva di vivida luce nella rapida avanzata dal Bulawin al Don nel luglio 1942. Schieratosi in salde posizioni sul Don, l’82º Reggimento Fanteria teneva per molti mesi inviolato il vallo dell’est, respingendo nettamente innumerevoli attacchi diurni e notturni del nemico, non senza proprie dolorose perdite.
Sopraggiunto il duro inverno russo e con esso una poderosa offensiva dell’avversario a largo raggio, l’82º Reggimento Fanteria, gareggiando per disciplina e tenacia con gli altri reparti della Divisione, ripiegava, secondo gli ordini ricevuti, su una seconda linea prestabilita e, giunto poi l’ordine di un ripiegamento generale, si distingueva per resistenza ed eroismo nel sostenere e respingere più volte il poderoso urto nemico.
Accerchiato una prima volta ad Arbusow, riusciva a rompere l’anello dell’assedio dopo due giorni di accanita lotta e a raggiungere con epica, ininterrotta marcia durata oltre trentasei ore, a digiuno e fra i mortali tormenti di una temperatura polare, un altro più arretrato caposaldo contro cui, nuovamente accerchiato, teneva fronte al nemico per ben ventiquattro giorni. Rotto infine anche questo secondo assedio, con altra eroica marcia, perduti ormai complessivamente il 90% dei propri effettivi, riusciva a ricongiungersi coi resti della propria armata.
La gloriosa, lacera Bandiera, nascosta sul petto dell’eroico comandante ferito a morte, veniva con lui sepolta sotto la desolata steppa nevosa senza cassa e senza nome come il seme che dovrà risorgere in fiore e in frutto al buon sole estivo.
Medaglia d’Argento al Valor Militare
Decreto 18 gennaio 1913
Per la valorosa condotta tenuta dal reggimento nei combattimenti del 23 e del 26 ottobre 1911 a Tripoli.
Medaglia d’Argento al Valor Militare
Decreto 5 giugno 1920
Con saldezza di disciplina ed impeto di valore al nemico minacciante il fianco delle truppe schierate sul Basso Piave, faceva baluardo col petto dei suoi mirabili fanti, ristabilendo con un sanguinoso irresistibile contrattacco, l’integrità della difesa. Attaccava quindi e travolgeva munitissime posizioni nemiche, portando efficace contributo morale e materiale al felice esito della battaglia (Basso Piave, 15 giugno – 6 luglio 1918)
Medaglia d’Argento al Valor Militare
Decreto 13 dicembre 1948
Emulo delle generose tradizioni della nostra Fanteria affermava con elevatissimo morale e fiero spirito di sacrificio la gagliardia dei suoi ranghi superando compatto itinerari di milleseicento chilometri fra fatiche estenuanti, le sofferenze più aspre del solleone ed il tormento della pioggia e del gelo, lungo le piste di fango insidiate dalla presenza di campi minati. Distintosi nella manovra per l’accerchiamento di grandi unità avversarie a Petrikowka, dava nuovo risalto alle sue salde qualità militari quando, raggiunta la zona del Donez, sbaragliava in ripetute azioni offensive e numeroso scontri le agguerrite formazioni avversarie, che anche protette da forte nerbo di cavalleria gli contendevano il passo. Impegnato nell’attacco a munite posizioni nemiche con irruenza decisiva e sperimentato valore, ampliava la penetrazione di nostre colonne e, quantunque assottigliato dalle perdite, assicurava l’inviolabilità di esteso settore difensivo, reso più arduo dall’eccezionale rigidezza dell’inverno.
Fronte Russo: Obuchowkije – Kurilowka – Krestowka – Ubeshisctsche – Rykowo -Chazepetrowka – Jelenowka – Juni Comunard – Bosso Kawka, agosto 1941 – maggio 1942.
Medaglia di bronzo al valore dell’esercito
Decreto 4 gennaio 1978
Al verificarsi del violento terremoto che colpiva il Friuli, accorreva prontamente sui luoghi disastrati e, prodigandosi con coraggio e con slancio fraterno di solidarietà umana, dava un valido contributo al soccorso dei feriti e dei superstiti ed alla rimozione delle macerie, limitando i danni della grave sciagura. L’opera svolta ha riscosso l’apprezzamento delle Autorità e l’incodizionata riconoscenza delle popolazioni colpite, rafforzando il prestigio dell’Esercito.
Medaglia d’Argento di Benemerenza
Decreto 5 giugno 1910
Si segnalò per operosità, coraggio, filantropia e abnegazione, nel portar soccorso alle popolazioni funestate dal terremoto calabro – siculo del 28 dicembre 1908.
Medaglia di Bronzo al Merito della Croce Rossa Italiana
In segno di viva tangibile riconoscenza per il generoso contributo offerto alle operazioni di soccorso sviluppate dalle Unità C.R.I.in favore delle popolazioni colpite dall’alluvione del novembre 1994.
CAMPAGNE OPERATIVE
1885-1895, Campagna d’Eritrea
1911-1912, Guerra italo-turca
1915-1918, Prima guerra mondiale
1940-1943, Seconda guerra mondiale
1943-1945, guerra di liberazione
1954, Ritorno di Trieste all’Italia
STEMMA
Scudo: Partito d’azzurro e d’argento al toro furioso partito d’oro e d’azzurro, sormontato in capo nel primo punto da tre stelle d’argento poste in fascia. Il tutto al capo d’oro con il quartier franco d’azzurro caricato del tridente d’Ucraina d’oro.
Corona turrita.
Ornamenti esteriori: lista bifida: d’oro, svolazzante, collocata sotto la punta dello scudo, incurvata con la concavità rivolta verso l’alto, riportante il motto: “CREDO E VINCO”.
onorificenza: accollata alla punta dello scudo con l’insegna dell’Ordine Militare d’Italia pendente al centro del nastro con i colori della stessa.
nastri rappresentativi delle ricompense al Valore: una medaglia d’oro, tre medaglie d’argento, una medaglia di bronzo al valore dell’esercito sono annodate nella parte centrale non visibile della corona turrita, scendenti svolazzanti in sbarra ed in banda dal punto predetto, passando dietro la parte superiore dello scudo.
INSEGNE E SIMBOLI
Il Reggimento indossa il fregio della Fanteria (composto da due fucili incrociati sormontati da una bomba con una fiamma dritta). Al centro nel tondino è riportato il numero “82”.
Le mostrine del reggimento sono rettangolari di colore azzurro con banda centrale gialla. Alla base della mostrina si trova la stella argentata a 5 punte bordata di nero, simbolo delle forze armate italiane.
FESTA DEL REGGIMENTO
La festa del reggimento si svolge il 16 gennaio, anniversario della battaglia di Tscherkowo 1943.
ARMI E MEZZI IN DOTAZIONE
Informazioni ricavate dalla pagina dell’82º Reggimento fanteria “Torino” sul sito dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Armamento
Pistola automatica “BERETTA 92 FS” cal.9
Fucile d’assalto “AR 70/90” cal. 5,56
Fucile d’assalto “ARX 160” cal. 5,56
Arma di reparto “MINIMI” cal. 5,56
Arma di reparto “MG 42/59” cal. 7,62 NATO
Arma di reparto Browning cal. 12,7
OD 82/SE
Mortaio rigato da 120 mm
Lanciarazzi anticarro “Panzerfaust 3”
Mortaio COMMANDO da 60 mm
Mezzi
Land Rover AR 90
VBM Freccia
VTLM Lince
VM90
L’82° REGGIMENTO FANTERIA “TORINO” NELLA DIVISIONE FOLGORE
STORIA
La Divisione trae origine dal Gruppo di Combattimento “Folgore”, costituito il 25 settembre del 1944 dallo scioglimento della Divisione paracadutisti “Nembo” (184^), come unità dell’Esercito Cobelligerante Italiano.
Terminata la guerra la Divisione, inizialmente formata con il reggimento paracadutisti “Nembo”, il reggimento “San Marco” e reggimento artiglieria paracadutisti, cede il reggimento “San Marco” della Marina e, nell'”Esercito di Transizione”, assume nei ranghi il Reggimento fanteria “Garibaldi”, costituito a Viterbo il 25 aprile del 1945 con il personale della disciolta Divisione partigiana “Garibaldi” rientrata dai Balcani.
DIVISIONE FANTERIA “FOLGORE”
Assunta dal 15 ottobre 1945 la denominazione di Divisione leggera di fanteria “Folgore”, nel corso del 1947 amplia l’organico con l’ingresso del Gruppo esplorante 5º Lancieri, del 33º reggimento artiglieria, del 41º reggimento artiglieria controcarri e del 5º reggimento artiglieria contraerei. Il 1º dicembre 1948 il “Garibaldi” ha assunto la denominazione di 182º Reggimento fanteria “Garibaldi”.
DIVISIONE FANTERIA MOTORIZZATA “FOLGORE”
Nel 1949 la grande unità divenne motorizzata e nello stesso anno il 5º Lancieri venne ridenominato 5º Reggimento di cavalleria blindata “Lancieri di Novara”; nel 1951 la grande unità perse il 5º Reggimento artiglieria contraerei ed il 41º Reggimento artiglieria controcarro. Il 15 settembre del 1955, risolta la crisi di Trieste, l’82º Reggimento fanteria “Torino”, già inquadrato nel raggruppamento “T” generato della Divisione “Trieste”, lasciò l’unità di appartenenza entrando nei ranghi della Divisione “Folgore” acquisendone le peculiarità quali fregio e mostrine. Il 1º novembre del 1958 il “Garibaldi” mutò la struttura trasformandosi in 182º Reggimento fanteria corazzato “Garibaldi” su di un battaglione bersaglieri ed un battaglione corazzato. Fra il 1963 ed il 1964 la grande unità ricevette nei ranghi il 53º Reggimento fanteria d’arresto “Umbria” ed il Gruppo squadroni “Cavalleggeri di Saluzzo”, che ha sostituito il disciolto Battaglione esplorante divisionale. L’unità non ha subito altri mutamenti fino al 23 ottobre del 1975 quando per effetto della ristrutturazione che investì l’Esercito Italiano cambiò la sua struttura organizzativa. Alla vigilia della ristrutturazione dell’Esercito Italiana del 1975 la struttura della Divisione era la seguente:
53º Reggimento Fanteria d’Arresto”Umbria”
82º Reggimento Fanteria “Torino”
183º Reggimento fanteria “Nembo”
182º Reggimento fanteria corazzato “Garibaldi”
XI Battaglione bersaglieri – M 113
XIII Battaglione carri – M 47 PATTON
Compagnia Bersaglieri Controcarri – 106 s.r.
XII Gruppo Squadroni esplorante “Cavalleggeri di Saluzzo”
33º Reggimentoartiglieria da campagna
Sezione Aerei Leggeri “Folgore” – L 19 E
Sezione Elicotteri “Folgore” – AB 206
Battaglione Genio Pionieri “Folgore”
Battaglione Trasmissioni “Folgore”
Raggruppamento Servizi “Folgore”
DIVISIONE MECCANIZZATA “FOLGORE”
Nel 1975 quando per effetto della ristrutturazione che investì l’intera Forza Armata, abolito il livello reggimentale, la grande unità venne riordinata su tre brigate, due meccanizzate (Gorizia e Trieste) ed una corazzata (Vittorio Veneto), ed un certo numero di unità di supporto.
SCIOGLIMENTO
La Divisione è stata sciolta il 31 ottobre 1986, a seguito della riorganizzazione dell’Esercito conseguente all’abolizione del livello Divisionale, e riorganizzata in Brigate indipendenti.
REPARTI AL 1984
Quartier Generale “Folgore” (Treviso)
Unità di supporto divisionali, comprendenti :
12º Gruppo Squadroni esplorante “Cavalleggeri di Saluzzo” (Gruppo esplorante divisionale) (Gorizia)
28º Battaglione Fanteria “Pavia” C.A.R. (Centro addestramento reclute) (Pesaro e distaccamento di Fano)
33º Battaglione fanteria d’Arresto “Ardenza” (Fogliano Redipuglia)
53º Battaglione fanteria d’Arresto “Umbria” (Pavia di Udine)
33º Gruppo artiglieria da campagna ”Terni” (Treviso)
184º Gruppo artiglieria pesante campale semovente “Filottrano” (Padova)
13º Gruppo artiglieria contraerei leggera “Condor” (Quadro) (Treviso)
Gruppo specialisti di artiglieria “Folgore” (Treviso)
47º Gruppo squadroni ERI “Levrieri” (Treviso)
184º Battaglione genio pionieri “Santerno” (Villa Vicentina)
184º Battaglione trasmissioni “Cansiglio” (Treviso)
Battaglione logistico di manovra “Folgore” (Treviso)
Battaglione sanità “Folgore” (Quadro) (Treviso)
Deposito divisionale “Folgore” (Treviso)
Sezione Carabinieri “Folgore” (Treviso)
Comando Truppe Anfibie (Venezia-Lido)
1º Battaglione Lagunari “Serenissima” (Venezia-Malcontenta))
Battaglione mezzi anfibi “Sile” (Venezia-Sant’Andrea)
Brigata meccanizzata “Gorizia”, su :
Reparto comando e trasmissioni “Gorizia” (Gorizia)
41º Battaglione fanteria meccanizzato “Modena” (Villa Vicentina)
33º Battaglione fanteria d’Arresto “Ardenza” (Fogliano Redipuglia)
82º Battaglione fanteria meccanizzato “Torino” (Cormons)
183º Battaglione fanteria meccanizzato “Nembo” (Gradisca d’Isonzo)
63º Battaglione fanteria d’arresto “Cagliari” (San Lorenzo Isontino)
22º Battaglione carri “Medaglia d’Oro Piccinini” (San Vito al Tagliamento)
46º Gruppo artiglieria da campagna semovente “Trento” (Gradisca d’Isonzo)
Battaglione logistico “Gorizia” (Gradisca d’Isonzo)
Compagnia controcarri “Gorizia” (Gorizia)
Compagnia genio pionieri “Gorizia” (Cormons)
Brigata meccanizzata “Trieste”, su :
Reparto comando e trasmissioni “Trieste” (Bologna)
37º Battaglione fanteria meccanizzato “Ravenna” (Bologna)
40º Battaglione fanteria meccanizzato “Bologna” (Bologna)
66º Battaglione fanteria meccanizzato “Valtellina” (Forlì)
11º Battaglione carri “Medaglia d’Oro Calzecchi” (Ozzano Emilia)
21º Gruppo artiglieria da campagna a traino meccanico “Romagna” (Bologna)
Battaglione logistico “Trieste” (Budrio)
Compagnia controcarri “Trieste” (Bologna)
Compagnia genio pionieri “Trieste” (Bologna)
Brigata corazzata “Vittorio Veneto”, su :
Reparto comando e trasmissioni “Vittorio Veneto” (Villa Opicina)
2º Gruppo squadroni meccanizzato “Piemonte Cavalleria” (Villa Opicina)
6º Gruppo squadroni carri “Lancieri d’Aosta” (Cervignano del Friuli)
9º Gruppo squadroni carri “Lancieri di Firenze” (Borgo Grotta Gigante)
8º Gruppo artiglieria campale semovente “Pasubio” (Banne)
Battaglione logistico “Vittorio Veneto” (Cervignano del Friuli)
Squadrone controcarro “Vittorio Veneto” (Banne Trieste)
Compagnia genio pionieri “Vittorio Veneto” (Cervignano del Friuli)
I COMANDANTI DELLA DIVISIONE MECCANIZZATA “FOLGORE”
Gen. Enrico Frattini, 1941
Gen. Giorgio Morigi, 1944-45
Gen. Guido Pialorsi, 1945-48
Gen. Gaetano Cantaluppi, 1948-49
Gen. Alberto Aliberti, 1949-50
Gen. Guglielmo Morgari, 1950-51
Gen. Mario Gloria, 1951-52
Gen. Paolo Petroni, 1952-53
Gen. Carlo Vacchelli, 1953-54
Gen. Giorgio Negroni, 1955
Gen. Nicolò Meloni, 1956
Gen. Ettore Musco, 1957
Gen. Mario Puddu, 1958
Gen. Vincenzo Pezzonia, 1959
Gen. Massimo De Palma, 1959-60
Gen. Ottavio Di Casola, 1960-61
Gen. Luigi Forlenza, 1961-62
Gen. Umberto Rosato, 1962-63
Gen. Cosimo Cassone, 1963-64
Gen. Oreste Viligiardi, 1964-66
Gen. Andrea Viglione, 1966-67
Gen. Enrico Mino, 1967-68
Gen. Nicola Giacobbi, 1968-69
Gen. Carlo Barbasetti di Prun, 1969-70
Gen. Adolfo Orofino, 1970-71
Gen. Giuseppe Maria Vaccaro, 1971-72
Gen. Pietro Corsini, 1972-73
Gen. Giuseppe Santovito, 1973-74
Gen. Orazio Giannini, 1974-75
Gen. Franco Barbolini, 1975-76
Gen. Gaetano Lanfernini, 1976-77
Gen. Umberto Cappuzzo, 1977-78
Gen. Giacinto Antonelli, 1978-79
Gen. Ciro Di Martino, 1979-81
Gen. Natale Dodoli, 1982
Gen. Renato Paone, 1983
Gen. Goffredo Canino 1984
Gen. Pietro Egidio Re 1985
Gen. Biagio Rizzo, 1986
Prima di passare alle singole domande dei miei subalterni parlo io in prima persona di questo percorso di vita Militare. Una volta reso abile alla visita di leva presso il Distretto di Roma, feci domanda di ammissione al Corso Allievi Ufficiali direttamente presso il distretto dove effettuai le note visite dei “tre giorni”. Quella domanda dopo pochi mesi venne accettata e quindi mi arrivò la cartolina di avviso alla chiamata alle Armi presso la Scuola di Fanteria e Cavalleria di Cesano di Roma, ancora attualmente operativa e facente parte delle caserme NATO.
All’alba del 9 Ottobre 1984 salutai i miei genitori, visibilmente commossi, in particolare mia nonna Titina che piangeva perchè il suo ultimo nipote lasciava la dimora familiare per partire a fare il “soldato”. Mio Padre era invece si emozionato, ma molto orgoglioso che suo figlio avesse scelto questa strada, anche perchè io l’avevo fatta per non gravare sul bilancio familiare avendo di li a cinque mesi ottenuto il grado di Sottotenente che mi avrebbe consentito di percepire il mio primo stipendio da giovane Ufficiale. Ebbe inizio quindi la storia del 117° Corso AUC.
Arrivato in borghese all’ingresso della Caserma, con taglio per dirla alla romana una bella “zazzera” fui accolto in modo violento perchè il passaggio dalla vita civile ed il distacco dalle famiglie come regola doveva per forza essere così. Di li a poco sarei stato assegnato al Primo Battaglione AUC, 1^ Compagnia “Mareth” comandata del Capitano Paracadutista Pietro Foti. Venimmo accolti nelle nostre rispettive camerate dagli Allievi Istruttori che ci assegnarono le nostre rispettive brande. La camerata era ampia, senza riscaldamento, finestre semi rotte, spifferi ovunque, la tristezza mi stava assalendo, in più un visibile clima di tensione ed incertezza che pervadeva tutti gli animi di noi nuovi Allievi, ma nello stesso tempo un forte entusiasmo per capire cosa saremmo andati a fare di li a poco.
La giornata proseguì con ulteriori istruzioni da parte degli Allievi Istruttori che ci iniziarono a dire come riporre i nostri effetti personali nell’armadietto metallico a fianco della branda. Ci venne illustrato come rifare la branda con il “cubo.
Apro una parentesi su questa dicitura per i non esperti in materia. Il Cubo era un’invenzione tutta militare per la sistemazione del proprio giaciglio notturno che oltre ad una movimentazione igienica di coperte e lenzuola, ripiegate in un modo particolare, permetteva ai Militari un più agevole pulizia delle camerate. Come si faceva il cubo: Prima di tutto il materasso doveva essere ripiegato su se stesso in due, proprio in modo da somigliare ad un Cubo, le lenzuola andavano piegate e messe una accanto all’altra all’altezza del cuscino, per poi riporvi sopra il cuscino e la coperta d’ordinanza a sua volta piegata in maniera che la scritta E.I. fosse centrata. L’esasperazione di questo concetto, altrimenti si rischiava una punizione dall’Ufficiale di Servizio, era quella che il cubo fosse totalmente spigoloso, gli angoli non dovevano presentare arrotondamenti, ma col tempo le tecniche si sono affinate e spiego come: all’interno della coperta io ed alcuni colleghi tra i più temerari avevamo posizionato dei cartoni all’interno così da far risultare perfettamente la forma cubica e spigolosa.
Tutto questo ci ha esposto a dei rischi enormi perchè se fosse stato scoperto questo trucco (ben conosciuto da tutti Ufficiali e Allievi Istruttori che prima di noi lo avevano adottato), ci sarebbe stata inflitta una rigorosa punizione di almeno tre giorni di consegna semplice che non ci avrebbe permesso di usufruire della libera uscita al termine delle ore di addestramento.
La giornata proseguì con il primo inquadramento nella compagnia e l’assegnazione di ogni singolo Allievo al suo plotone di appartenenza, tutto questo sempre ed ancora in abiti civili. Io fui assegnato dapprima al Plotone comandato dal Sottotenente Luigi Terzini (poi soprannominato da tutti noi “Abebe Bkila” noto maratoneta famoso perchè correva scalzo).
Inquadrati ed allineati ci sono stati insegnati i primi ordini: l’attenti, il riposo e la presentazione all’Ufficiale su chiamata che doveva svolgersi nel seguente modo: L’Ufficiale Comandante del Plotone impartiva il seguente ordine “Lei, si presenti” indicando l’Allievo. L’Allievo usciva lateralmente dalla riga del plotone e di corsa si prestava davanti al Comandante ponendosi sull’Attenti e doveva urlare ad alta voce “Comandi, Allievo Ufficiale Alessandro Lopez, prima Compagnia, Secondo Plotone!. L’Ufficiale rispondeva “Riposo, ritorni nei ranghi”. L’allievo porgeva il saluto sull’attenti dovuto ad un superiore girava su se stesso e sempre di corsa rientrava al suo posto.
Questa pratica veniva ripetuta per circa 40 volte al giorno fini a che la formula di presentazione venisse totalmente memorizzata.
La seconda parte della giornata fu dedicata alla marcia, che era parte integrante dell’addestramento militare. Dalla posizione di riposo veniva impartito il comando di attenti e successivamente al comando Avanti-march bisognava iniziare a marciare col piede sinistro sempre battendo il tallone per stare al passo, bisognava muoversi tutti assieme in modo armonico al ritmo della 33, poi al comando Passo bisognava sbattere il piede sinistro. Per fermarsi veniva dato il plotone-alt.
Altri ordini dovevano essere conosciuti dagli Allievo per poter marciare come: Fianco destr (a 90° e 45°), Fianco sinistr (a 90° e 45°) e Dietro front. Ognuno di questi movimenti era eseguito dalla posizione di attenti. Si doveva sempre tenere le braccia lungo i fianchi e al termine dell’ordine riportare anche i piedi in posizione di attenti. La testa durante la marcia doveva essere rivolta parzialmente verso l’alto in atteggiamento marziale.
Tutto questo addestramento alla marcia è proseguito per una settimana in abiti borghesi e io avevo ai piedi son un paio di scarpe a mocassino, stringate Timberland con tacchetti sulle suole. Già dalla prima sera sono comparse le prime vesciche doloranti per tutti i giorni a seguire.
Ecco la giornata tipo dell’Allievo Ufficiale:
6:30 sveglia (ore 8:00 la Domenica), 7:00 colazione, 7:15 adunata, 7:20 alzabandiera (8:30 di Domenica), 7:30-8:15 ora di studio obbligatoria (dalle 10:00 alle 12:00 la Domenica), 8:30-12:15 quattro ore di lezioni e addestramento, 12:20-13:00 pranzo, 14:30 adunata (13:30 libera uscita la Domenica), 14:45 – 17:30 tre ore di lezioni e addestramento, 17:45 – 18:30 ora di studio obbligatorio, 18:40 ammaina bandiera, 19:00 cena, 19:30 libera uscita, 22:30 ritirata (23:30 Sabato), 23:00 silenzio (ore 24:00 Sabato).
Passiamo alle fasi successive della giornata, dopo la sveglia e le fasi successive di cui sopra, il pasto veniva consumato presso la mensa Allievi. Ci si ritrovava all’ora stabilita tutti inquadrati ed a gruppi di 10 Allievi alla volta, su chiamata, si poteva accedere alla mensa. La mensa si presentava come tutte le classiche mense, con un bancone in cui all’inizio si trovavano i vassoi e posateria da prendere e collocare perfettamente ordinati sul vassoio, si prendevano le pietanze e ci si andava ad accomodare ai tavoli liberi insieme ai colleghi del corso.
Il tempo a disposizione per consumare il pasto era di quindici minuti, in assoluto silenzio, per permettere agli altri Allievi in attesa fuori dalla mensa di consumare anch’essi il loro pasto. Praticamente ci si doveva ingozzare senza fiatare e correre fuori in attesa degli altri turni per poi fare ritorno nelle camerate ed attendere l’ora dell’adunata pomeridiana, le lezioni e l’addestramento, lo studio obbligatorio e poi la libera uscita. Ma la libera uscita è cominciata solo dopo circa 10 giorni dall’inizio del corso.
Dopo l’ammaina bandiera e la cena, senza libera uscita si rimaneva nella camerata; chi studiava sulle sinossi le materie del corso, chi leggeva libri per rilassarsi, chi riposava già e chi ascoltava musica.
Altro terribile momento era quello del contrappello dopo la ritirata. L’Ufficiale di Servizio in Compagnia, passava in ispezione tutte le camerate per verificare che tutti fossero presenti in piedi davanti alla loro branda con cubo ancora fatto e per la verifica della perfetta pulizia delle camerate. La procedura prevedeva che il Capo Camerata vedendo l’Ufficiale accingersi ad entrare nella camerata desse l’ordine “ritti”. Appena l’Ufficiale faceva ingresso nella camerata tutti scattavano sull’attenti e attendevano l’ispezione.
Il momento diventava molto creativo, e da li ho appreso tutte le novità che ho importato nella mia condotta da Ufficiale al Reparto di destinazione finale. Ogni sera c’era una variante. Noi pulivamo con olio di gomito piastrelle grezze consumate e danneggiate intrise di polvere e seppur facendo un lavoro eccezionale con prodotti profumati e detersivi la camerata rimaneva comunque un po’ inevitabilmente sporca.
La prima sera l’Ufficiale entrò e lanciò il basco nero in terra come se fosse un fresbee, sfido chiunque ad evitare che un basco in panno nero non risultasse impolverato dopo essere stato lanciato in terra. Seconda variante, verifica della pulizia del davanzale esterno della finestra della camerata, praticamente impossibile da pulire. Terza variante, verifica della pulizia sotto i piedini delle brande, mai potevamo pensare ci fosse polvere nei buchi sotto i piedini e puntualmente veniva trovata. Quarta variante, verifica della pulizia e del contenuto all’interno dell’armadietto in dotazione, dentro i cassetti. Veniva trovato di tutto da cibarie non autorizzate e/o altri oggetti che dovevano essere dichiarati.
Risultato finale era che ci si trovava a dover ripulire nuovamente l’intera camerata per una nuova ispezione a pulizia terminata.
Finalmente stanchi e distrutti ci si preparava la branda si andava a dormire e si aspettavano le note del “silenzio” una nenia notturna che ci ha accompagnato per cinque lunghi mesi e che echeggiava come tutti i suoni che scandivano la giornata in tutta la Caserma.
La prima notte era trascorsa praticamente in bianco a pensare tutta la notte come sarebbe stato il giorno seguente e quelli successivi. La preoccupazione di svegliarsi in tempo alle 6:30 pronti lavati e sbarbati (è un eufemismo) mi teneva sveglio. Riuscii a dormire per tre ore circa e alle 5:00 mi alzai per andare nei bagni affollati da tutti dove naturalmente i lavabi in comune erogavano solo acqua fredda; era praticamente impossibile farsi una doccia, ma solo lavarsi a pezzi e sbarbarsi a volte anche a secco perchè non tutti disponevano di schiuma da barba quindi mi provocai delle escoriazioni con rasoio anche perchè il controllo della barba prima dell’adunata era l’ulteriore variante che veniva effettuata dal Comandante di Plotone a volte con un cartoncino che veniva passato sotto il mento ed inevitabilmente qualche pelo superfluo veniva rilevato, ma io l’ho scampata quasi sempre per fortuna.
Il giorno seguente la prima cosa che era stata programmata fu il taglio dei capelli. I miei nonostante fossero già rasati quasi a zero ovviamente non andavano bene quindi fui rasato totalmente con la macchinetta e lasciato un velo leggero di peluria. Risultato finale un deportato da campo di concentramento.
Dopo circa una settimana finalmente il giorno della Vestizione. Ci fu consegnato tutto il materiale in un grossa borsa tattica che conteneva il seguente materiale: la Divisa Drop, di uso comune, la Diagonale come Alta Uniforme che doveva essere usata nelle Cerimonie ufficiali e in libera uscita (preferibilmente rispetto agli abiti civili. Il Comandante di Battaglione “democraticamente” aveva consigliato l’uso di tale uniforme), la mimetica verde, da usare in tutte le ore della giornata, la tuta ginnica blu per la reazione fisica del mattino (30 minuti di corsa nel piazzale prima della colazione), polacchine basse, scarpe ginniche, Basco nero (detto “pizza” per la sua larghezza) e il berretto verde con visiera (detto “stupida”), kit di pulizia per le calzature, kit di cucitura, Zaino Tattico da combattimento, elmetto, giberne eccetera.
Un inciso a parte devo farlo sugli anfibi consegnati di colore rossastro mogano, ci venne detto che nel giro di due giorni dovevano diventare neri. Come fare? Con la cromatina nera in dotazione per la lucidatura. E giù olio di gomito a lucidare la sera gli anfibi che dovevano essere perfettamente lucidi al mattino. In più quel tipo di calzatura aveva un cuoio durissimo che nel tempo si sarebbe ammorbidito soprattutto nella parte del tallone, che marciando nel tempo provocava spesso delle forti talloniti per la cadenza durante la marcia con il tacco a terra e così via.
Un trucco rapido per farlo ammorbidire in poco tempo era quello di mettere l’anfibio schiacciando la parte esterna del tallone sotto il piede della branda, quindi in una settimana circa, la calzatura era finalmente possibile indossarla senza particolari dolori.
Man mano che trascorreva il tempo le giornate si sono fatte più intense ed interessanti. Il corso si basava su una serie di materie di studio, in numero che oscillava fra 20 o 25 circa, esse costituivano il curriculum del corso stesso. Ciascuna materia di studio era a sua volta articolata in una serie di lezioni che potevano essere tanto teoriche quanto pratiche, esse erano tenute da docenti militari, le lezioni teoriche si svolgevano sempre in aula, mentre quelle pratiche avvenivano sia in aule apposite dotate di armi o di apparati su cui verteva la lezione, sia sul campo in aree addestrative interne alla caserma sede della scuola AUC.
Le materie di studio erano più generiche nella parte iniziale del corso, che durava i primi due mesi dei cinque che lo costituivano, esse coprivano argomenti come Arte militare, Regolamenti militari, Ami e tiro, Addestramento individuale al combattimento (AIC), NBC, Psicologia ed addestramento del personale, ma anche Educazione sociale. A partire dal terzo mese di corso, il corso “anziano” lasciava la scuola avendo terminato il suo quinto mese dello stesso, quindi si rendevano disponibili le aule attrezzate che consentivano di effettuare l’addestramento specialistico d’Arma e di Specialità, ad esempio nell’artiglieria contraerei vi erano due specialità ovvero contraerei leggeri (in sigla c./a.l.), dotata di cannoni Breda Bofors 40 mm e missili (in sigla msl.) che ai tempi dei corsi AUC era dotata dei soli missili Hawk.
Gli AUC, correntemente definiti “allievi”, dovevano studiare nel periodo di tempo “fuori servizio”, tenendo presente che l’orario “di servizio” andava dall’alzabandiera alle 8:00, fino alle 17:00, mentre la libera uscita andava dalle 18:00 alle 22:00 ed il venerdì e sabato fino alle 23:00, la stessa era fruibile da chi non era soggetto alla punizione disciplinare definita “consegna semplice” o “consegna di rigore”. La prima poteva essere intimata da un superiore, solitamente uno dei sottotenenti in servizio di prima nomina nella scuola stessa con la funzione di inquadrare gli allievi, e veniva sancita dal comandante del reparto, ovvero la compagnia o la batteria AUC d’appartenenza dell’allievo. La seconda era prevista solo per le mancanze disciplinari più gravi e poteva essere sanzionata solo dal comandante di corpo ovvero il tenente colonnello comandante del battaglione/gruppo AUC ed oltre ad impedire la libera uscita aveva un significativo impatto sul curriculum dell’AUC, potendo anche causare la sua estromissione del corso o il mancato conseguimento della nomina a ufficiale al termine del corso stesso.
Per lo studio gli allievi si avvalevano di libri di testo che nel gergo militare venivano definite “sinossi addestrative”, anche se tutti li chiamavano con un termine tipico dell’esercito, ovvero “librette”, termine quest’ultimo d’origine meridionale che nell’Esercito Italiano identificava non solo i libri di testo del corso AUC, ma anche qualsiasi pubblicazione militare sia di tipo addestrativo che operativo che avesse il formato di un libro con più o meno pagine.
Per ciascuna materia che costituiva il curriculum del corso AUC era previsto un predefinito numero di lezioni, al termine delle quali si svolgeva la cosiddetta “prova oggettiva” che era basata su un test che poteva essere costituito di domande sia del tipo si/no, che a scelta multipla che a testo libero, il test si svolgeva in aula ed al termine a ciascun allievo veniva attribuito un punteggio secondo una distribuzione gaussiana, cosa che garantiva sempre che ci fossero pochi primi, molti con un punteggio medio e pochi ultimi, il tutto al fine di mantenere una graduatoria del corso dotata di queste particolari caratteristiche. La graduatoria del corso AUC era aggiornata ogni settimana, sulla base delle prove oggettive ed affissa nella bacheca della compagnia o della batteria dei relativi allievi.
L’addestramento comprendeva anche una serie di lezioni di educazione fisica che si svolgevano per tutta la durata del corso, mentre nei primi due mesi del corso vi era una forte enfasi nell’addestramento formale che serviva non solo come addestramento dell’AUC stesso, quanto aveva una fondamentale importanza nell’insegnare ai futuri ufficiali come si inquadrava e si comandava la truppa, funzione che avrebbero dovuto svolgere in via principale e prioritaria durante il loro servizio, dal momento che gli ufficiali di complemento erano quelli di gran lunga più a contatto con la truppa costituita dai militari di leva.
Attorno al terzo mese di corso un’aliquota di allievi distintisi per rendimento e attitudine militare (meno del 10%) poteva fregiarsi del distintivo di allievo scelto, una V dorata sulle spalline (sorta di ibrido tra il grado di soldato scelto e sergente). Tra gli allievi giudicati idonei al grado di Sottotenente i primi in graduatoria potevano aspirare, o venivano invitati, a prestare servizio quali istruttori presso la scuola, gli altri erano assegnati a un reparto per lo più operativo. Migliore era il piazzamento in graduatoria maggiore era la probabilità di venire assegnati ad una destinazione indicata tra le proprie preferenze. Inoltre il più alto nella graduatoria era definito capocorso, tale ruolo non rivestiva solo un ruolo onorifico, ma come tale egli era anche il rappresentante di tutti gli AUC nei confronti della gerarchia militare.
Non tutti gli allievi venivano nominati sottotenenti a fine corso, in quanto per ogni corso gli allievi previsti erano sempre in numero maggiore rispetto al numero di sottotenenti che ciascuna scuola AUC doveva immettere nei reparti da essa alimentati. lo scopo era duplice, compensare eventuali uscite dal corso e scarti di allievi non idonei, ma vi era un’ulteriore ragione molto significativa, ovvero spronare gli allievi ad impegnarsi per non rimanere nelle ultime posizioni del corso. Cosa che per gli ultimi in graduatoria comportava che non sarebbero divenuti ufficiali ed avrebbero terminato il servizio di leva come caporalmaggiori o al massimo sergenti.
Il corso AUC era molto impegnativo ed altrettanto selettivo, al suo termine veniva pubblicata in bacheca la graduatoria finale ed assieme al giuramento era il momento più importante del corso stesso, in quanto precedeva il giorno in cui gli AUC sarebbero stati inviati in licenza straordinaria di fine corso. La graduatoria indicava non solo la posizione finale di ciascun allievo nella stessa e gli ultimi che non sarebbero divenuti sottotenenti, ma accanto a ciascun allievo che si era qualificato per la nomina a sottotenente, era anche riportato il corpo di destinazione, nella maggior parte dei casi reparti operativi nel nord e soprattutto nel nordest, dove era schierato il grosso dell’esercito durante la guerra fredda.
Lo stesso giorno si concludeva con la cosiddetta “Notte delle stelle” (non certamente quella di Milly Carlucci ndr), in cui i prossimi sottotenenti festeggiavano il raggiungimento della tanto agognata stelletta che costituiva la relativa insegna di grado, si salutavano con i colleghi di corso che dall’indomani si sarebbero persi di vista, in quanto destinati a differenti destinazioni e si faceva oggetto gli AUC del corso più giovane (al termine del loro secondo mese di corso) di scherzi goliardici, ma anche di incitamenti e di sprone affinché anch’essi potessero raggiungere lo stesso traguardo tre mesi dopo.
In una prima parte della storia degli ufficiali di complemento, il grado di sottotenente veniva rivestito per la prima volta nel corso di una cerimonia collettiva in uniforme da ufficiale che si svolgeva presso la scuola dove si era svolto il corso AUC, dopo la quale si veniva inviati in licenza straordinaria di fine corso, alla fine della quale, divenuta effettiva la nomina a Sottotenente si raggiungeva il reparto.
In una fase successiva, sicuramente in vigore dagli anni ottanta (per certo in atto dal 1986) il grado da sottotenente si poteva indossare solo a partire dal primo giorno dopo la fine della licenza straordinaria di fine corso, giorno in cui i neo ufficiali si dovevano presentare al Corpo di nuova assegnazione.
Prima di tale giorno, era comunque da lungo tempo previsto di rispettare la formalità di farsi precedere da un telegramma con la formula di rito: “Fiero et orgoglioso appartenere a codesto Battaglione bacio la bandiera e saluto il Comandante”, mentre un secondo telegramma indirizzato al circolo ufficiali prevedeva il saluto a tutti gli ufficiali del Corpo ed alla “Calotta”, ovvero una sorta di “club”, interno al circolo ufficiali del Corpo, costituito da tutti gli ufficiali subalterni (Tenenti e Sottotenenti). La tradizione prevedeva, altresì, che tutti gli ufficiali di prima nomina giunti al reparto, offrissero una serie di bottiglie di liquore che venivano poste a libero servizio presso il circolo ufficiali, per “bagnare il grado”, come era usanza dire e presentarsi a tutti i colleghi del reparto.
La prima importante funzione che i neo ufficiali dovevano compiere era quello di prestare il giuramento come ufficiali, in quanto il primo giuramento collettivo, come per i militari di truppa, svolto dopo un mese circa dall’inizio del corso AUC, non valeva più per un ufficiale. Infatti per gli ufficiali è previsto che il giuramento militare si svolga singolarmente in forma solenne, con una duplice modalità, verbale e scritta. Tale evento avveniva il mattino del primo giorno del servizio di prima nomina, con il quale iniziava formalmente lo stesso e solitamente avveniva in una sala del comando o del circolo ufficiali, dinnanzi alla bandiera di guerra del Corpo, del comandante dello stesso ed una rappresentanza di ufficiali del comando e dei comandanti dei reparti che lo componevano.
La cerimonia prevedeva che tutti i neo ufficiali, che per l’occasione indossavano la Grande Uniforme con sciarpa azzurra, sciabola e guanti di pelle, venissero a turno chiamati dall’Aiutante Maggiore del Corpo (che è il responsabile del personale), che nel mio caso era il Maggiore Luigi Goretti e che ciascuno di essi, dinnanzi alla bandiera di guerra ed al Comandante, estraesse la sciabola facendola scorrere fuori dal fodero, impugnandola per la lama con la mano sinistra (è l’unico momento in cui è previsto che la sciabola venga impugnata per la lama e non per l’impugnatura) mentre con la mano destra alzata pronuncia la formula di giuramento che è riportata su un documento ufficiale stampato, recante il simbolo della Repubblica e l’intestazione del Corpo militare presso cui l’ufficiale giura.
Subito dopo con la mano destra sempre guantata, mentre con la sinistra continua ad impugnare la lama della sua sciabola, l’ufficiale pone la sua firma, preceduta dalla sigla del grado s.ten., in calce allo stesso documento che riporta la formula del giuramento. Tale documento viene poi custodito nel fascicolo matricolare dell’ufficiale. Come è facile comprendere si tratta di un momento di altissimo valore simbolico e morale in quanto il neo ufficiale assume un impegno solenne, giurando sulla lama della sua sciabola dinnanzi alla bandiera di guerra che rappresenta l’onore e lo spirito del reparto, del suo comandante e degli altri ufficiali.
Ritorniamo all’evoluzione del Corso.
Dopo circa un mese fui trasferito dal Plotone del Sottotenente Luigi Terzini a quello comandato dal Sottotenente Paracadutista Davide Bocci. Il Plotone era misto e composto da Allievi destinati a reparti di Fanteria e Paracadutisti destinati ai Battaglioni Paracadutisti. Perchè ci fu questo trasferimento che poi è risultato vincente per la mia formazione militare: Il Sottotenente Terzini nel suo giudizio probabilmente non mi riteneva particolarmente idoneo nelle attività che comportavano uno sforzo fisico. Un giudizio rispettabile fatto con le dovute ponderazioni, ma a mio avviso forse affrettato dopo un mese di convivenza, ma ad ogni modo è andata così. Davide Bocci, una grande persona prima di tutto, un grande motivatore, ironico, massiccio, incazzato, professionale e goliardico, ha sempre portato tutti noi agli obiettivi prefissati. Oggi è un caro amico anche se non abbiamo molte occasioni per vederci. Nel prossimo paragrafo vedete due pagine del numero unico del mio corso con la descrizione dello storico “Terzo Plotone Fucilieri”.
Nel numero unico del Corso di cui avete visto alcune pagine la descrizione del Sottotenente Bocci che avevamo coniato per lui era la seguente ed è d’obbligo citarla:
Sten. Davide Bocci, difficile di certo fu il compito di questo sventurato Ufficiale che guidò il Terzo per valli e quote per cinque lunghi mesi. Lo ricorderemo certo per le sue complesse spiegazioni delle varie attività addestrative: Assalto di Squadra <<… a regà e semplice, il cte di squadra TRU TRU TRU TUNF, l’MG, TRU TRU TRU TUNF, anche il servente TUNF, gli assaltatori pari, TRU TRU TRU TUNF TUNF, dispari come sopra. Trafilamento, BOOM, MG a copertura TU TUM TU TU! Assalto TARATA’ BOOM BOOM. esfiltrazione e ‘nnamo a casa. Più semplice di così!>>. Grazie a queste appassionate spiegazioni riuscì a creare un Plotone di apprezzati soldati e valorosi guerrieri.
Di Davide ho un bellissimo ricordo legato alla Pattuglia di fine corso, un’esercitazione dura, una reale prova di sopravvivenza. Era pianificata operativamente in questo modo. Il nostro Plotone, come altri della compagnia aveva avuto assegnato un obiettivo da conquistare che nel nostro caso era la vecchia Stazione Ferroviaria abbandonata di Civitella Cesi piccola frazione del Comune di Blera in provincia di Viterbo.
Siamo partiti all’alba di un giorno del mese di Febbraio elitrasportati da un elicottero decollato dall’enorme area verde adiacente al viale principale dove effettuammo il nostro Giuramento solenne. L’elicottero ci trasportò sino all’interno della macchia della Manziana un grande parco sempre nella provincia di Viterbo. L’elicottero in discesa si è posizionato a qualche metro dal terreno fermo e noi ci siamo lanciati con zaini ed armi al seguito in terra e da li abbiamo iniziato il nostro cammino per sette lunghi giorni verso il nostro obiettivo da conquistare.
Si camminava di notte lungo il ciglio di tante strade statali in piena campagna, ed al passare di automobili tutti noi dovevamo buttarci a terra nei fossi ai lati della strada per non farci vedere (importante sottolineare che per essere invisibili tutti dovevamo essere scuri sul volto e le parti scoperte del corpo come le mani bruciando un tappo di sughero e annerendo strofinando quelle parti), anche perchè il Comandante di Battaglione, che partecipava alle operazioni, effettuava ricognizioni durante le ore notturne con la sua AR per controllare che tutto si svolgesse tatticamente secondo gli ordini impartiti e l’itinerario previsto.
Si camminava in fila indiana, mantenendo il contatto con il collega davanti stringendo la baionetta e si procedeva con la conta di tutto il plotone pronunciando progressivamente un numero per verificare che nessuno nel cammino si perdesse. Ho provato sensazioni che mai più credo di aver vissuto in seguito; camminavo ad occhi chiusi in modo automatico, quasi robotizzato riuscendo addirittura a dormire in uno stato di semi veglia. Una pratica che mi sarebbe stata utile proprio per effettuare il servizio di Ufficiale di Picchetto che nella notte non è autorizzato a dormire ma solo a riposare vestito con la sua uniforme in veglia costante.
Abbiamo attraversato borghi stupendi in piena notte come Blera, Barbarano Romano, Vetralla, e tanti altri. La fatica davvero si faceva sentire. Prima del sorgere del sole il plotone doveva trovare un punto mimetizzato, meglio boschivo, per trascorrere le ore diurne in “bivacco” termine da non confondere con goliardia e divertimento. Si trattava di disporre tutto il plotone in modo circolare con degli addetti alla guardia a turni all’esterno del cerchio creatosi e si poteva riposare disponendo di un telo mimetico e lo zaino tattico come cuscino ed inoltre lo zaino grande, che io avevo riempito con ogni provvista supplementare di alimenti, forse anche stupidamente perchè avevo eccessivamente caricato il peso da portare in spalla.
Ricordo che per riposare in particolare i piedi doloranti e pieni di vesciche per il lungo camminare, toglievo gli anfibi ed essendo la temperatura sotto lo zero per un inverno particolarmente rigido, in quell’anno le calzature si gelavano e si vetrificavano, per renderle morbide e non farle ghiacciare avevo inserito una candela accesa incollata con la cera colata sul fondo di ogni anfibio per mantenerlo caldo.
L’alimentazione era garantita dalla razione K da combattimento. Confezionata con un involucro in alluminio sottovuoto e conteneva i seguenti alimenti: La Razione K per il sostentamento dei soldati è nata durante la seconda guerra mondiale, quando i soldati necessitavano di una buona alimentazione che fosse anche leggera e comoda da trasportare; ma cos’è la Razione K nello specifico e cosa c’è dentro?
La Razione K è un sistema di alimentazione creato appositamente per l’esercito. Si tratta di un pasto introdotto per primi dagli Stati Uniti nel loro esercito durante il 1942.
Il nome Razione K deriva da un motivo di natura pragmatica. In quel periodo venivano forniti anche altri tipi di razione di cibo che assumevano le lettere dell’alfabeto. La Razione K è una di esse. Secondo alcuni, la lettera K deriverebbe dal cognome del fisiologo Keys, ma non ci sono prove a supporto di questa tesi.
Cosa’è e com’è nata la Razione K
La razione K vide il suo primo impiego nel 1942 quando venne fornita, su base sperimentale, alle truppe aviotrasportate.
Nel 1941, il fisiologo degli Stati Uniti Ancel Keys fu incaricato dal Dipartimento di guerra degli Stati Uniti di creare una razione non deperibile e sempre pronta per il consumo che potesse essere utilizzata dall’esercito.
Le caratteristiche di questa razione dovevano consistere nella facilità di trasporto e nell’apporto nutrizionale completo. All’inizio, ci si rivolse ai cibi in scatola per reperire cibo economico che fosse al contempo in grado di fornire l’energia necessaria al sostentamento fisico di un soldato.
La Razione K era stata progettata per essere utilizzata per un massimo di 15 giorni consecutivi e in caso di emergenza. Invece, fu poi utilizzata durante tutta la seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra, la Razione K è stata migliorata e tutt’oggi viene utilizzata.
Cosa conteneva la Razione K?
La Razione K della colazione conteneva caffè solubile, biscotti e latte condensato. Invece, la Razione K del pranzo e della cena poteva contenere classiche pietanze, come ad esempio wurstel, pasta e fagioli, pasta al sugo, barrette energetiche di cioccolato fondente e così via.
Insieme al cibo, la Razione K conteneva anche pastiglie per disinfettare l’acqua non potabile, tavolette combustibili per accendere il fuoco per pranzo e cena, fiammiferi, sali minerali e tutto ciò che potesse servire al sostentamento del soldato in un formato compresso, leggero, facile da trasportare e che potesse consentire diversi giorni di autonomia.
Dopo questa descrizione tecnica torniamo alla Pattuglia. Nei primi tre giorni tutto si è svolto regolarmente, le tappe dell’itinerario, con i suoi punti di riferimento sulla mappa topografica erano stati puntualmente stati raggiunti nei tempi previsti. Eravamo tutti fieri e contenti insieme al nostro Comandante di Plotone Bocci, ma al quarto giorno successe l’irreparabile e l’imprevedibile; all’alba dopo il cammino della notte in una gola per raggiungere la zona di bivacco diurno fummo oggetto di un’imboscata da parte di un Plotone nemico (si perchè questa esercitazione altro non era che una vera azione di guerriglia tra fazioni contrapposte una attaccante per conquistare l’obiettivo e l’altra in difesa dello stesso).
Ad un certo punto dai costoni lateralli alla gola che stavamo attraversando un’orda di soldati urlanti ci attaccarono, noi ci attestammo in difensiva in modo tattico, ma tuttavia alcuni dei nostri soldati furono presi come prigionieri ed il nostro plotone, eliminato dalla Pattuglia ha dovuto comunque continuare il suo cammino per fare ritorno alla base di partenza.
In questo cammino di ritorno durato per tre giorni montò un totale sconforto da parte di molti che volevano abbandonare la pattuglia, sfiancati e demotivati. L’abbandono di questa esercitazione sarebbe stato l’equivalente addio definitivo alla Stella tanto agognata ed io per primo, preso da questo enorme sconforto, durante una pausa sul cammino del ritorno mi avvicinai a Davide e gli dissi sommessamente “Tenente, io sono stanco, distrutto, non ce la faccio più, voglio abbandonare, sono consapevole delle conseguenze di questa scelta ma ho deciso così”.
Lui con i suoi occhi azzurri ed uno sguardo trafiggente mi disse “Alessandro, se non ti alzi in piedi e ti metti in cammino insieme a tutti noi ti prendo a calci in culo fino a Cesano”. Dopo quella frase mi sono sentito pervaso da un sentimento di orgoglio e di amor proprio e talmente motivato che ho recuperato in un attimo tutte le mie energie fisiche e mentali da vero Militare e mi sono rimesso in marcia fino alla base. Se sono diventato un bravo Ufficiale, lo devo inizialmente a lui, che ha saputo forgiarmi, darmi la giusta motivazione per andare avanti sopportando ogni umiliazione, fatica e sconforto. Ancora oggi porto il suo esempio con le persone che hanno a che fare con la mia sfera professionale, come i collaboratori; comandare una piccola unità operativa come un Plotone, mi ha permesso di diventare un bravo imprenditore nella gestione delle risorse umane, e i subalterni chi sono se non risorse umane a disposizione della Patria? Grazie Davide!
Ma proseguiamo col racconto finale di questa avventura in Pattuglia. Gli ultimi tre giorni trascorsero ancora tra cammini notturni e bivacchi diurni e le cibarie ormai cominciavano a scarseggiare; camminando nei boschi della Manziana e zone limitrofe, ci avvicinammo ad una fattoria delimitata da una staccionata in legno. Chiamammo il fattore e gli chiedemmo evidentemente affamati se potesse avere qualcosa da mettere sotto i denti, lui rispose annuendo capendo perfettamente la situazione e le condizioni precarie in cui eravamo dopo cinque giorni di marcia senza potersi lavare ed ovviamente affaticati. Il fattore rientrò nella casa e dopo qualche minuto tornò fuori con del pane caldo e del formaggio che ci venne donato. Ovviamente salti di gioia e consumammo il pasto in un vero “bivacco” festeggiando l’evento fortuito.
Al termine di questa esercitazione trascorse ancora qualche tempo ed arrivammo alle fasi conclusive del Corso dove il Comandante ci fece una lezione particolare sulle procedure formali da adottare una volta terminato il Corso, ottenuta la nomina a Sottotenente ed assegnato il reparto di destinazione finale. Si doveva prendere dimestichezza con l’uso della sciabola da usare nelle cerimonie ufficiali come arma simbolica in dotazione all’Ufficiale. La sciabola sarebbe stata usata anche per il Giramento davanti al Comandate del Reparto di Destinazione la mattina del giorni di arrivo a destinazione.
Inoltre c’era un’altra procedura da eseguire prima dell’arrivo al Reparto: l’invio di un telegramma indirizzato al Comandante del Reparto che doveva essere scritto con questa dicitura “Fiero et orgoglioso appartenere a Codesto Battaglione, bacio Bandiera e saluto Comandante”. Il telegramma doveva precedere di qualche giorno l’arrivo al Reparto del neo Sottotenente e bisognava fare molta attenzione che venisse scritto in modo conforme a quanto stabilito, pena una figuraccia ed ovviamente una bella schierante di bottiglie offerte al Circolo Ufficiali il giorno di arrivo.
Ne ho sentite tante su questo telegramma, ma la più diffusa formula toppata da qualche malcapitato era “Fiero et orgoglioso appartenere a Codesto Battaglione Bacio Comandante e saluto Bandiera”. Riderete sicuramente come tanti hanno riso, ma è realmente successo a tanti spesso per non aver controllato con l’ufficio dettature telegrammi che allora si usava per inviare questo tipo di messaggi.
E così dopo lunghi cinque mesi arrivò il giorno della tanta agognata Stella per cui ci eravamo impegnati e sacrificati in ogni tipo di studio ed addestramento. La mattina del tutti presenti nei corridoi della Compagnia Mareth attendevamo ansiosi la nostra rispettiva destinazione. Vennero chiamati praticamente tutti, tranne tre. Il sottoscritto, Giancarlo Maddalena e Antonio Tulli. Eravamo preoccupati e non capivamo il perchè di questa mancata chiamata. Ad un certo punto uscì l’Ufficiale (non ricordo quale ma penso propri Davide Bocci nel mio caso) che sorridendo disse “Lopez, Maddalena e Tulli benvenuti all’Hotel Amadio di Cormons.
Un momento di sgomento generale dei tre, non capivamo il ghigno e nessuno di noi capì il nome del paese e nemmeno dove si trovasse. Scoprimmo solo dopo avere avuto la cartolina di destinazione che si trovava nella Regione Friuli in Provincia di Gorizia. Regione mai visitata prima di allora con tante incognite da affrontare. Non capivamo il perchè fosse stata denominata “Hotel” e qualche voce di corridoio ci fece subito capire che trattandosi di un Battaglione Operativo in zona di confine era considerata una caserma punitiva.
Il resto di quella mattina lo trascorremmo salutando ed abbracciando tutti i colleghi di corso, tra lacrime di commozione per l’obiettivo raggiunto dopo tanti sforzi condivisi insieme con uno spirito di corpo, un senso di appartenenza che ci era stato inculcato in quel periodo, ma soprattutto da una grande amicizia fraterna che è perdurata per ben 38 anni. avremmo avuto una licenza di una settimana prima di raggiungere il Reparto quindi potevamo ben metabolizzare la destinazione e prendere qualche informazione supplementare.
La mattina del 7 Marzo 1985 con la mia indimenticabile Citroen Visa io, Giancarlo Maddalena ed Antonio Tulli, carichi come dei somari incastrati dentro la vettura piena di ogni cosa siamo partiti all’alba alla volta di Cormons per arrivare un giorno prima rispetto alla data di assegnazione al Reparto. Il viaggio fu infinito, molte soste, non conoscevo la strada e con la cartina autostradale dovevo orientarmi non avendo mai viaggiato da solo in macchina fuori dala mia Regione. La Citroen Visa con tre energumeni come noi tutti alti e massicci più il carico non faceva più di 70 chilometri orari quindi per percorrere circa 700 chilometri a quella media ci mettemmo circa 12 ore. Arrivati a pomeriggio inoltrato, avevamo scelto di dormire la notte in un piccolo Albergo di Cormons che esiste Ancora l’Hotel Felcaro. Di seguito copio il link pre chi volesse andare in quelle zone oggi perchè l’Albergo merita davvero come meritava allora. Ecco il link: https://www.hotelfelcaro.it/
L’INTERVISTA AL SOTTOSCRITTO – Ten. Alessandro Lopez
Il primo degli ultimi soldati senza smartphone del 1985 ad intervistarmi è:
Roberto Tassoni ecco la sua domanda:
Come hai vissuto tu l’arrivo a Cormons? Noi abbiamo subito il tuo “Sguardo della tigre” e “Assalto dei lupi” giusto per usare una metafora. A mio modo di vedere per te deve essere stato un po’ il contrario. Passando dal duro addestramento della scuola ufficiali al momento di far valere le tue belle stellette nuove fiammanti.
Caro Roberto, ti ringrazio per essere stato il primo a farmi questa domanda e come promesso al prossimo raduno ti offrirò il pranzo a te e la tua signora. Si come ho premesso nelle righe precedenti di questo Blog, l’addestramento è stato durissimo, ma mi è servito per diventare l’Ufficiale preparato, duro, rigoroso, ma nello stesso tempo umano e comprensivo, che hai conosciuto al tuo arrivo al Battaglione. Del resto non poteva che essere così. Per addestrare dei Fanti Assaltatori dovevo necessariamente essere preparato a tutto per la vostra sicurezza, la mia e quella degli altri.
Non ci si poteva permettere errori nella scala gerarchica, un vostro errore, si sarebbe ripercosso su di me e io ne avrei dovuto rispondere al mio Comandante diretto che nella fattispecie era il Tenente Gian Luca Giovannini, che peraltro devo dire mi ha sempre portato su un palmo di mano perchè mi ha sempre stimato e la cosa dalla mia parte è stata reciproca. Con lui come con voi è nata da subito una solida amicizia, in privato mi ha consentito subito di dargli de tu in luogo del lei previsto da regolamento militare esattamente come è successo con te e con gli altri dopo qualche mese di convivenza in caserma.
Non è stato facile Roberto il mio approccio al Reparto, dovevo ancora mettere a frutto la mia esperienza al Corso sul campo con ulteriore addestramento ed affiancamento agli altri Ufficiali più anziani per imparare tutti i servizi di Battaglione, come essere Ufficiale di Servizio in Compagnia, quindi addetto alla sveglia del mattino, al contrappello della sera ed alla citata ispezione delle camerate, Ufficiale di Picchetto, comandante della Guardia della Caserma in servizio per 24 ore di turno e la notte era consentito solo riposare, ma non dormire, ed effettuare in alcuni rari prestabiliti dal Capitano di servizio, periodiche ispezioni in punti nevralgici della Caserma (Armerie, Deposito Carburanti, Deposito mezzi cingolati, deposito Autocarri e mezzi leggeri di trasporto. Particolare attenzione doveva essere posta dall’Ufficiale di Picchetto montante nel passaggio di consegne dall’Ufficiale smontante. In particolare la conta dettagliata di tutte le munizioni in dotazione alla guardia, ivi incluse quelle dell pistola Beretta calibro 9 corto in dotazione all’Ufficiale di picchetto. Il munizionamento era tutto contrassegnato da numeri di serie unici che identificavano il tipo di proiettile e la sua provenienza. Se fosse risultato mancante qualche proiettile si sarebbe dovuto stilare un rapporto da presentare immediatamente al Comando di Battaglione che avrebbe avviato un procedimento disciplinare con processino davanti al Comandante di Battaglione all’Ufficiale imputato del reato con la difesa di un collega scelto dall’ufficiale imputato stesso.
Le conseguenze di una sentenza di provvedimento disciplinare sarebbe stata oltremodo penalizzante perchè il tutto sarebbe stato iscritto nelle note caratteristiche dell’Ufficiale in servizio che altro non era che una sorta di “pagella” dell’intero servizio di Prima Nomina presso il reparto.
A tal proposito per l’enorme responsabilità di questo servizio corre precisare che l’Ufficiale di Picchetto nell’espletamento delle sue funzioni di Comandante della guardia armata della Caserma è la più alta autorità durante il suo servizio di 24 ore continuative in assenza del Comandante di Battaglione, poi il servizio di Comandante della Guardia presso il distaccamento sul confine slavo sul Monte Sabotino nella storica casermetta dove si effettuava servizio di pattugliamento sulla linea di confine tra Gorizia e Nova Gorica, con turni diurni e notturni, ed infine, Picchetti d’Onore, Ammaina Bandiera nella piazza principale di Gorizia eccetera. Insomma un gran da fare.
Il prossimo degli ultimi soldati senza smartphone del 1985 ad intervistarmi è:
Emanuele Zuffoli ecco la sua domanda:
Che tipo di preparazione mentale ti ha fatto l’allora Tenente Giovannini per poter tenere testa a un gruppo di seppur ragazzi giovani, ma sconosciuti, dove ci poteva essere in mezzo il pazzo di turno, visto che anche tu avevi avuto pochissima esperienza di comando.
Caro Emanuele, la risposta è abbastanza complessa, ma semplice nello stesso tempo, il corso AUC durato cinque mesi è stato molto intensivo e mi ha messo nelle condizioni di apprendere in breve tempo tutte le tecniche di Comando da applicare quando sarei stato nominato Sottotenente ed assegnato al Reparto. Avendo Conseguito un punteggio medio buono al termine del corso, la destinazione è stata Cormons, considerata punitiva, ma invece non è stato affatto così, l’interpretazione doveva essere totalmente diversa; essere assegnati ad un Battaglione operativo come quello in zona di confine con la Ex Jugoslavia, in tempi di guerra fredda con tutto l’est europeo e la dittatura i Tito era un privilegio ed un premio per un Ufficiale di prima nomina che avrebbe potuto mettere sul campo le proprie attitudini e consolidare la sua esperienza durante quel servizio.
Con Gian Luca, oggi lo chiamo così perchè lo ritengo un Amico vero, considerando a parte l’accoglienza goliardica da “Sergente pazzo” al Circolo Ufficiali dove apertamente mi sfidò dicendo che lui dal circolo Ufficiali non usciva per andare in quello dei Sottufficiali, io lo invitai dandogli l’ordine invece di alzarsi ed accomodarsi presso il suo circolo minacciandolo di una punizione disciplinare. Il giorno seguente me lo ritrovai come Comandante di Compagnia.
Ricordo il suo ghigno satanico nel presentarmi alla schierata Compagnia di Fanti dello scaglione congedante che più o meno ridacchiavano pensando alle conseguenze del povero “zanzarone” Ufficiale neo arrivato, che equivaleva ad uno stipendio di bottiglie al Circolo Ufficiali ben schierate sul bancone che puntualmente ho offerto la mattina stessa.
L’intesa è nata subito, basata da una reciproca stima. Abituato sin dal Corso dove ho avuto un approccio violento come ho scritto in questo blog, con la vita militare. Lo stesso criterio doveva essere applicato con voi che stavate per arrivare. Fin qui ero preparato a questo. Ricorderai certamente il vostro arrivo in treno a Cormons, il cigolio dei freni dei vagoni mentre il convoglio si fermava. Noi tutti vestiti tattici con mimetica d’ordinanza, guanti di pelle nera, occhili con lente scura Rayban, guanti che io sbattevo ripetutamente sulla mie mani in attesa della vostra discesa dal treno. Perchè tutto questo oltre alla necessaria marzialità prevista in una occasione del genere, per tutta la mattina io mi ero recato a far preparare tutte le custodie in plastica dei cartellini da appendere sulla branda. Poichè il fonogramma proveniente dal Reparto Addestramento reclute di Pesaro da cui provenivate aveva segnalato un numero inferiore a quello effettivamente arrivato con il vostro convoglio il numero delle custodie e di conseguenza delle brande nelle camerate era sensibilmente aumentato.
Di conseguenza avevo un motivo in più per essere incazzato nero per questo continuo viavai dalla Caserma al negozio che aveva preparato il materiale. Insomma, tu come tutti sai quanta attesa avete fatto fino a notte inoltrata nella sala prima di avere accesso alle vostre camerate…
Il prossimo degli ultimi soldati senza smartphone del 1985 ad intervistarmi è:
Il Generale Di Divisione Gian Luca Giovannini ecco la sua domanda:
Come ti immaginavi la vita del Reparto, la vita vera di ogni giorno. Ti sentivi preparato o è stata una piacevole o amara sorpresa? L’impatto con me e con la gestione dei ragazzi vome le hai vissute?
Caro Gian Luca, questa tua domanda mi è particolarmente gradita perchè ancora una volta mi da l’opportunità di rileggere quel periodo. Come ho scritto più volte nel corso di questo blog posso dire che il Corso AUC mi aveva preparato a sufficienza per essere pronto ad affrontare un impatto così duro con la realtà dell’82° Torino. Nei giorni precedenti alla mia partenza per Cormons mi ero documentato sulla storia di quel Battaglione per comprenderne il valore militare e, dove avesse svolto le sue maggiori operazioni.
Dovevo comprendere anche bene l’inquadramento nell’ambito dei Reparti che costituivano la Brigata e la Divisione Meccanizzata Folgore, la missione e il territorio di competenza di quel Reparto specifico al quale ero destinato.
Immaginavo che tutto doveva essere repentino e veloce dato il poco tempo che avrei avuto a disposizione per gestire un plotone ed accogliere il 3° scaglione 1985 che si sarebbe avvicendato al 4° Scaglione 1984 congedante che trovai all’arrivo alla Caserma Amadio. Avrei dovuto trasferire ai nuovi fanti tutto il mio know how acquisito nei mesi di corso ed ho molto riflettuto su questa cosa, ma ero pronto e fortemente motivato ad affrontarla.
Quindi posso affermare oggi che in parte ero preparato a questo impatto, ma dovevo ancora apprendere molte cose soprattuto relative ai servizi di Caserma, le esercitazioni, l’addestramento formale dei soldati, l’uso e la manutenzione delle armi, il loro smontaggio e montaggio, le lezioni teoriche che avrei dovuto tenere nell’aula di Compagnia per poi applicarle nell’addestramento delle squadre che componevano il mio Plotone; addestramento che veniva effettuato molte volte alla settimana sul greto del torrente Torre poco distante dal paese di Cormons.
E’ stata quindi una piacevole sorpresa, mai amara, non mi è rimasto nulla di amaro di quella esperienza, forse solo il fatto di non aver proseguito la carriera da Ufficiale come tu mi chiedesti qualche tempo prima del termine del mio servizio. Mi è rimasto in mente da allora quel giorno in cui tu mi facesti la richiesta di firmare per rimanere.
Come sai, però, sin dal Corso io puntavo ad entrare nell’Arma dei Carabinieri e per ragioni di punteggio non sufficiente non fui inserito per pochi punti nella graduatoria degli Allievi che avrebbero proseguito il corso AUC al Battaglione Allievi Ufficiali di Complemento Carabinieri sulla Via Aurelia a Roma. Il tal caso avrei firmato per rimanere in servizio permanente effettivo e forse oggi mi sarei congedato con il grado di Tenente Colonnello.
Tu avevi intuito ed apprezzato le mie qualità dimostrate nel corso del servizio di prima nomina ed ho apprezzato molto la tua richiesta di restare nell’Esercito, ma in quella sede non me la sono sentita di accettarla perchè sarei rimasto troppo tempo in quella Regione ed avevo voglia di voltare pagina. Ma ugualmente la tua gratifica mi è arrivata puntuale dopo due anni, quando fui convocato presso il Distretto di appartenenza a Roma e mi fu notificata la nomina con avanzamento al grado di Tenente, grazie alle tue ottime note caratteristiche nei miei confronti.
Te ne sarò sempre grato Gian Luca, lo sai, ne vado orgoglioso e peccato non sia stato mai richiamato per un aggiornamento professionale perchè avrei proseguito simbolicamente la mia carriera con qualche ulteriore avanzamento di grado.
Ma forse dopo questo blog una cerimonia ufficiale la potremmo fare tra noi del gruppo storico dei “Cazzuti” dove tu potresti darmelo questo avanzamento. Lascio a te la scelta, un grado qualunque purché sia un avanzamento e ci tengo molto che questo accada da te che sei il mio Comandante!
Il prossimo degli ultimi soldati senza smartphone del 1985 ad intervistarmi è:
Alberto Ornaghi ecco la sua domanda:
La mia domanda è se hai mai pensato di firmare per la ferma, nonostante mi sembra di ricordare che comunque avevi già un futuro assicurato e/o varie strade da percorre per il tuo, sviluppo professionale.
Caro Alberto, grazie per questa domanda specifica, in sostanza la risposta l’ho già scritta in precedenza, ma per te elaboro una risposta diversa. La risposta è si, ci avevo pensato, durante il corso ed anche durante il servizio di prima nomina al Battaglione. La carriera militare mi affascinava per tanti aspetti, avrei sicuramente approfondito tante materie, avrei potuto partecipare operativamente a missioni particolari e non mi preoccupava la tipologia della missione, perfezionando il mio status di Ufficiale avrei affrontato qualunque cosa.
In più la possibilità di viaggiare, trasferirsi un po’ dovunque come la mia famiglia, che per il lavoro di dirigente bancario che svolgeva mio padre, ogni due tre anni si veniva trasferiti in una città differente. Dall’altra parte c’era un probabile futuro assicurato, ed ho optato quindi su una scelta diversa, ma delle incognite c’erano.
Mio padre sicuramente aveva piacere a passare il testimone al proprio figlio un lavoro nel settore bancario in quanto sarei stato l’unico di cinque figli a seguire le sue orme e questo fun un motivo in più per fare quella scelta come poi in effetti è stato nelle due società dove ho lavorato: La Locafit S.p.A. prima società di leasing del Gruppo BNL neonata proprio in quegli anni con la sede in Corso Italia 15 a Milano; la città dove poi ho riallacciato i rapporti con tanti di voi.
Ero solo nel 1985 senza conoscenze in una realtà del tutto nuova, un po’ chiusa, poco ricettiva per la gente del sud. Quindi nei primi tempi ero abbastanza spaesato, non sapevo nemmeno orientarmi con le strade, non esistevano Smartphone per l’appunto e nemmeno navigatori e invece ho avuto la possibilità di trascorrere grazie all’esperienza militare precedente molto tempo con voi e trascorrere giornate indimenticabili conoscendo le bellezze della Regione Lombardia iniziando da Monza, comune dove ho abitato per un anno nella storica Via Gondar dove spesse volte ci siamo ritrovati insieme proprio con te. Insomma tutti voi lombardi dell’82° mi avete praticamente adottato da civile come io qualche tempo prima vi avevo adottato come militari. Mi è rimasto tanto nel cuore di quel periodo trascorso a Milano. Cambiai tre case: la prima a Monza, la seconda ad Arcore “in tempi non sospetti” vista l’attività che avrei intrapreso nello spettacolo negli anni successivi e poi l’ultima a Baranzate di Bollate, prima del mio trasferimento definitivo a Roma avvenuto nel 1990.
Il prossimo degli ultimi soldati senza smartphone del 1985 è il collega Ufficiale Francesco Campinotti. La sua domanda è questa:
Alessandro la mia domanda è piuttosto semplice ma allo stesso tempo complessa soprattutto da un punto di vista emotivo: cosa hai provato come uomo quando hai prestato giuramento da neo S. Ten. davanti alla bandiera di guerra nell ufficio del comandante dell’82 °quando sei arrivato il primo giorno in caserma? Ricordi? Quel tricolore tutto danneggiato ma che tanto voleva dire!
Grazie Francesco per questa bellissima domanda. Innanzi tutto prima di risponderti devo dirti una cosa a livello personale e questa è l’occasione giusta. Tu per me sei l’Ufficiale anziano che ho trovato al reparto che ho stimato maggiormente tra tutti (non me ne vogliano gli altri colleghi che stimo ugualmente). Da quel giorno al Circolo Ufficiali dove mi facesti pagare una schierante di bottiglie perchè mi ero dimenticato in effetti di presentarmi, è nata magicamente un’intesa ed una profonda amicizia viso che ancora oggi siamo qui a parlarne.
Passo alla risposta. Quando ho prestato giuramento davanti al compianto Comandante Gianfranco Casci Ceccacci ho provato una grandissima emozione. Ero fiero, commosso, avevo gli occhi impregnati di lacrime ma non volevo far trasparire nulla dal mio volto se non fierezza. Giurare davanti a quella Bandiera di Guerra che tante Campagne aveva vissuto insieme al “Torino” era per me un momento solenne nel quale ho confermato la ia fedeltà alla patria, ma in particolare a quella bandiera alla quale oggi mi sento fortemente legato. E grazie a Gian Luca Giovannini ho avuto l’onore e il privilegio di salutarla ancora nell’Ufficio del Comandante del Reggimento “Torino” a Barletta in occasione della Festa di Corpo alla quale io e lui abbiamo partecipato nel 2019. Anche in quella occasione dentro di me ho giurato nuovamente fedeltà e mi sono raccolto in preghiera per qualche istante pensando a quanti ragazzi sono caduti in battaglia per quel tricolore. L’ho baciata, mi sono girato e sono uscito da quell’ufficio con qualcosa in più oggi nel mio cuore.
Qui si conclude una parte di questo lungo racconto del Blog ultimi soldati senza smartphone del 1985. Quando ho cominciato circa venti giorni fa a scriverlo avevo solo qualche spunto, ma concentrandomi fortemente nel ricordo di quegli anni, la tastiera è partita velocemente e delicatamente a scrivere tante parola, a getto, senza troppe revisioni, ma non finisce qui. Questo Blog proseguirà con un nuovo episodio dove gli ultimi soldati senza smartphone del 1985 che non mi hanno ancora intervistato, avranno l’opportunità di formularmi le loro domande. E non solo: tornerò a raccontare altri aneddoti particolarmente interessanti del Corso Allievi Ufficiali che hanno fortemente caratterizzato quei cinque mesi.
Quindi tornate a visitare questo sito: https://www.alessandrolopez.it e grazie a tutti i lettori per aver avuto la pazienza di leggere fino alla fine questa prima puntata del Blog. Per il momento mi congedo col solito saluto CREDO E VINCO!
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Caro Alessandro, complimenti per il tuo racconto, arricchito da facile penna, da cui emerge la passione per il tuo servizio militare da c.te di plotone e l’amore per la Patria. Grazie, infine, per avermi ricordato nel percorso della tua avventura.
Un abbraccio dal tuo “antico” Comandante.
Caro Pietro che dire, intanto un onore per me leggere un tuo commento in questo sito che curi da tre anni ormai trattando tematiche di ogni tipo. Mi fa estremamente piacere che tu abbia colto lo spirito che ha animato tutti quei periodo è la dedizione che ci ho messo e quanta scuola dj vita è stata per me. Ci saranno altri aneddoti che ti riguarderanno molto simpatici che nei prossimi episodi pubblicherò. Torna a seguirmi. “Antico” somiglia per il tempo trascorso ma per me sei sempre il Comandante della Compagnia Mareth che volava sul muro del pianto.
Da leggere come un vero e proprio libro tematico,in cui ogni aspetto viene trattato con dovizia e tanto di approfondimento; un excursus che consente di immergersi ,oltre che capire,in periodi che non abbiamo toccato e nelle divisioni di questa storica Compagnia.
Poi le domande hanno fornito una fotografia di quel che sei,di quello che hai assorbito e dato in quei cruciali mesi del corso
Grandissimo pezzo
Credo e Vinco
Caro Davide tu che conosci la realtà di questa mia pagina di vita per averne più volte parlato insieme hai colto anche tu la corda emotiva che volevo far suonare per tutti coloro che ne hanno fatto parte. Tu oggi sei uno di noi e conosci molto di quel periodo grazie alle testimonianze del nostro storico gruppo whatsapp. CREDO E VINCO SEMPRE!
caro Alessandro, a leggere il tuo racconto mi sono trovato catapultato in quella giornata tiepida di ottobre in cui venni lasciato da un amico che era destinato a Bracciano, davanti al cancello della Scuola. l’ingresso nel viale, la foresteria dove ci hanno fatto entrare e le urla degli inquadratori che si sono impossessati di noi per un po di giorni. e le facce dei compagni in camerata spaesati quanto me da questo nuovo mondo che ci si e’ aperto. La SCUF ci ha fatto uomini, ci ha responsabilizzato rendendoci capaci, da giovani imberbi, di poter gestire UOMINI , e a giudicare di commenti dei tuoi ex soldati, apprezzati e benvoluti. nelle tue parole mi ci ritrovo pari pari, ancora oggi ci sentiamo tutti i giorni con i colleghi di corso con i quali ho prestato servizio, e anche con qualche subalterno ce non manca di inviare i saluti o gli auguri. evidentemente abbiamo lasciato, grazie a cio’ che ci hanno trasmesso i nostri istruttori, lo stesso segno che loro hanno lasciato a noi. Grazie per questo ricordo, ti abbraccio e ci vedremo a Cesano, la nostra SCUOLA
Caro Giuseppe ero certo che questo Blog avrebbe toccato anche le tue corde emotive. Solo chi ha vissuto un’esperienza del genere può comprendere, anche se nel racconto mi sono sforzato di essere leggibile anche per coloro che non conoscono l’arte militare. Di Arte perché oltre ad essere una materia di studio che avevamo durante il nostro corso la ritengo davvero un’arte pura. Dovevamo a volte “recitare” un ruolo forse scomodo, forse da consigliere, da amico un condensato di ruoli che ci ha reso UOMINI come tu stesso hai scritto. Ti stimo Giuseppe comune tutti i nostri colleghi che non vedo l’ora di riabbracciare il 2 aprile . Un saluto e un abbraccio forte
Carissimo Amico mio. UlHo letto tutto di un fiato e posso dire che mi sono commosso.
Bellissimo racconto che mi ha riportato alla mia giovinezza e che ha cementato la mia convinzione, sempre che ce ne fosse bisogno, che le amicizie sane e sincere durano per sempre.
Grazie anche a nome della nostra 2^ Cp. FALCHI, che abbiamo avuto il piacere di comandare assieme. Se abbiamo fatto tutto quello che sappiamo e se siamo assieme ancora oggi è solo perché eravamo e siamo speciali, speciali come l’82 Torino.
Un fraterno abbraccio nell’attesa di leggere le prossime puntate.
Carissimo Gian Luca, grazie innanzi tutto per questo bel commento. Ero certo che questo blog ti sarebbe piaciuto perché parte di quel periodo l’abbiamo vissuto intensamente insieme con altri aneddoti che racconterò nei altri episodi. È verissimo che le amicizie sincere su cementano perché partite da basi sane condividendo qualsiasi momento, qualsiasi emozione. Oggi dopo 38 anni siamo qui a parlarne tutti i giorni in privato. È un motivo ci sarà se questo accade ancora dopo tanti anni. Un fraterno abbraccio anche a te con estrema stima. Alessandro
Mi hai fatto ricordare il mio primo giorno di CAR alla Spaccamela,quando dormivamo tutti vestiti per essere piu’ veloci alla sveglia. Mi ricordo di Giovannini. Quando arrivai a Cormons era da poco andato alla Scuola di Guerra. Un giorno ero di servizio alla carraia e arrivo’ una macchina. Scese un uomo in civile e mi disse ” Sono Giovannini”. ” Io non la conosco” e chiamai l’ ufficiale di servizio😂. Bellissimo racconto .
PS: ma nel 92 l’82esimo non era gia’ inquadrato nella Brigata Meccanizzata Gorizia?
Ciao Marco e grazie per il tuo commento. Divertente anche il tuo aneddoto su Giovannini. Si l’82^ era inquadrato nella Brigata Gorizia che a sua volta faceva parte della Divisione Meccanizzata Folgore poi scioltasi per la smilitarizzazione di quelle zone non più a rischio. Torna a seguire il mio blog nei prossimi episodi
Un caro saluto affettuoso da un figlio un nipote un fratello di Militari in congedo.
Max
Grazie Max per il tuo commento. Anche tu in qualche modo fai parte della grande famiglia. Un caro saluto.
Grazie, mi ritengo orgoglioso di essere partecipe e fare parte di una grande Famiglia che con orgoglio e onore i miei parenti ed amici ne hanno fatto parte e ne sono tutt’ora in servizio.
Certamente è un motivo d’orgoglio. Anche la mia famiglia ha una tradizione militare con alcuni componenti che sono stati Ufficiali anche di alto grado. Ne parlerò nei prossimi episodi del blog.
Ciao Ale volevo porti questa domanda :
Qual è stato il tuo stato d animo mentre ti recavi verso la tua caserma ufficiali, come hai vissuto quel distacco da tutto ciò che solo il giorno prima erano le tue certezze, famiglia, amicizie, amori.
Credo e vinco
Grazie Francesco ti risponderò nel prossimo episodio del blog. CREDO E VINCO SEMPRE!