ALLA RICERCA DELL’IDENTITA’ VIRTUALE

Cari lettori oggi ho deciso di parlare di un argomento molto attuale già nel precedente millennio ma ancor di più attualmente e poi a maggior ragione in questo periodo dove siamo tutti costretti in casa: l’identità virtuale. Non essendo molto esperto tecnicamente sull’argomento ho deciso di predisporre un’intervista blog alla mia cara amica Corinna Volpi fondatrice della società Snoopers che si occupa per l’appunto di Strategia e Marketing Digitale ed a cui ho affidato da tempo la gestione del sito web della mia azienda STEMAL. Una validissima professionista che ha saputo darmi le giuste impostazioni per un posizionamento strategico e la valorizzazione del mio brand sul web. Inoltre parlando di identità virtuale per primo ho potuto approcciare l’argomento quando Corinna ha deciso di regalarmi il sito web dal quale scrivo oggi i miei blog che spero siano sempre interessanti. Ricordo con una punta di divertimento il mio imbarazzo nell’approcciare alla materia, ma soprattutto nell’affrontare le tematiche da proporre nei miei blog. Lei con molta semplicità mi spiegò che era sufficiente scrivere quello che ci si sentiva senza obblighi particolari ma solo quando spinti da un impulso personale, e la mia avventura da blogger è cominciata così.

Partiamo con le domande:

Cara Corinna, so che per carattere sei abbastanza riservata ma ti chiedo di presentarti in due parole.

Caro Alessandro, prima di tutto lascia che ti ringrazi per avermi invitato qui, mi accomodo molto volentieri sul sofà del tuo blog! È uno splendido modo di passare un bel tempo di qualità insieme, allentando il senso di costrizione e alienazione cui ci sottopone questo  isolamento. Le due parole per presentarmi sono: strategia digitale. E siccome a casa tua mi sento accolta e a mio agio, metto via la riservatezza e aggiungo che mi sono innamorata di Internet nel 1999, e da allora non ho più smesso. Nel corso di questi 21 anni il mio lavoro è cambiato, diciamo cresciuto: era un neonato che scopriva ogni giorno la vita, ora è un adulto che lotta per difendere una foresta incendiata.
La mia professione, oggi, consiste nel dotare partner e clienti dei migliori strumenti digitali per crescere (crescita di valore misurabile, in termini di reputazione del nome, audience, vendite, contatti, ecc.), nonché guidarli, accompagnarli e proteggerli in questo percorso di  crescita, sfruttando le tattiche di marketing digitale “giuste” per il progetto. La crescita di valore che otteniamo si misura con i dati, ed è reale, e la parte migliore è proprio condividere con i partner le cifre dei goal segnati insieme.

Per definizione cosa è per te l’identità virtuale?

Per me, si tratta dell’estensione del nostro sé. Molti ancora separano concettualmente il mondo fisico (che definiscono reale) da quello virtuale, ma l’esperienza mi ha insegnato che proprio questo è l’errore che rende le persone incapaci di gestire il proprio sé digitale. Quando il sé digitale coincide con il sé fisico, noi stiamo usufruendo delle enormi opportunità messe a disposizione dalla Rete. Se invece i due sé non coincidono, siamo alle prese con un disagio. Conviene allora soffermarsi sulla comprensione di questo disagio, chiedendosi “perché in Rete cerco di sembrare un altro?”. Consiglio a tutti di porsi questa domanda.

Cosa è cambiato nel web partendo dagli anni 90?

Ti ricordi i modem analogici? Ci connettevamo con il loro tipico “canto delle balene”, era tutto scarno, lento, e scoprivamo chi c’era e chi non c’era. Le connessioni ADSL hanno reso il Web più accessibile, e si è popolato di dati, utenti e conversazioni (forum, chat…). A quel punto (2004) il terreno che avevamo zappato sudando, si è reso fertile per i social network. Poi sono arrivati gli smartphone e le cose sono andate come sai. Credo che il cambiamento più consistente sia dato dalla perdità di neutralità. La Rete non è più quel posto libero perché neutrale che tutti avremmo dovuto difendere. Oggi è più un supermarket in cui le nostre abitudini di spesa vengono spiate per permettere a chi vende, di vendere di più. Abbiamo bisogno di cultura digitale e consapevolezza, per ricominciare da dove eravamo partiti. La Rete è un’immensa opportunità di condivisione e scambio. La Rete è fatta da noi, e la qualità delle nostre scelte rende la Rete pessima o splendida. Dipende da noi.

Quante persone sono veramente consapevoli della loro identità virtuale?

Nella mia cerchia penso di poterle contare sulle dita, e tu ci sei. Il percorso per il raggiungimento di questa consapevolezza è ostico, bisogna essere open-minded per affrontarlo.

I social sono veramente un mondo dove poter esprimere liberamente la propria identità virtuale? Cosa pensi delle tante “piazze” di Facebook?

Penso che con la consapevolezza di cui sopra, si ottiene la possibilità frequentare tutti i “locali”, se lo si desidera, anche quelli malfamati. I dati dimostrano che le aree geografiche dove facebook è preferito dagli utenti, sono le aree in cui le pubbliche amministrazioni non hanno investito bene e per tempo nel digitale. Quindi più è assente la cultura digitale, più ci si riversa nella piazza Facebook a sbraitare con toni e modi da mercato del pesce. Gli utenti sbagliano a non emanciparsi e a comportarsi in quel modo, ma a monte hanno sbagliato molti Stati a non investire adeguatemente nell’acculturamento digitale dei cittadini.

L’uso così frenetico di Instagram da giovani ed anche adulti come mezzo di espressione del proprio valore in termini di brand è secondo te corretto ai giorni d’oggi?

Può purtroppo provocare molti disagi. Uno di essi è la FOMO, “fear of missing out” (scommetto che la stai già cercando su Google!). Il problema è che si è data troppa importanza a quelle che chiamiamo “metriche di vanità”. Gli operatori del settore, e gli stessi Big Tech della Silicon Valley, ci hanno indotto a credere che ricevere tanti “mi piace” fosse oggettivamente un “valore”. Ma un conto è un “mi piace”, un conto è una conversione all’obiettivo. Il “mi piace” ci gratifica, ma rimane lì; la conversione all’obiettivo invece è il risultato concreto di una comunicazione centrata, che magari non ha neppure ricevuto tanti mi piace, ma è servita a portare sul sito un nuovo utente che poi da lì ha comprato un tuo prodotto o servizio. È questo il processo che si misura e che crea valore, mentre le metriche di vanità molto spesso agitano solo polvere.

In un primo momento per la teoria della “Social Presence” l’idea di fondo che emergeva già dai primi studi degli anni 80 è che la comunicazione mediata fosse considerata un tipo di comunicazione fredda, impersonale, autoriferita e non coinvolgente e che quindi non rendesse possibile l’instaurazione delle interazioni relazionali tra gli individui. Parliamo di razionalismo sistemico e socialità mediata dimmi qualche cosa a proposito.

L’idea che la comunicazione mediata da computer fosse impersonale è stata presto rivista. La CMC (comunicazione mediata dal computer) soprattutto se in apparente anonimato, può favorire i fenomeni che osserviamo quotidianamente: persone che normalmente non alzano mai la voce, diventano improvvisamente leoni da tastiera o peggio, violentissimi haters. In più, online si azzera la struttura sociale e in qualche modo ci si sente autorizzati ad ingiuriare il Presidente della Repubblica mascherati dal proprio nickname, ingenuamente convinti che non ci saranno conseguenze. Torniamo quindi al discorso della coincidenza del sé fisico con il sé digitale: se abbiamo ben chiaro che sia per strada che su Twitter siamo sempre noi, e che le regole sociali sono le stesse, vuol dire che siamo sani e consapevoli.

Cosa mi dici su chi sfruttando l’anonimato dato da un nickname si sente libero di esprimersi e di sperimentare aspetti latenti della sua identità?

Dipende da quali sono questi aspetti latenti: se si tratta di espressione artistica è un conto, se si tratta di anonimato per ingiuriare, o a servizio della propaganda politica, è tutt’altra cosa. Questa è proprio la grande sfida che ci troviamo ad affrontare oggi: difendere la libertà di espressione, ma sanzionarne gli abusi che danneggiano la collettività (account fake per scopi propagandistici, fake news, ecc).

Nella narrazione riflessiva del sé la chat diventa lo spazio digitale, intrinsecamente provvisorio e indeterminato, che idealmente racchiude le manifestazioni del sé e di un’identità personale frammentata, cosa ne pensi?

Mi sono accorta, nel tempo, che la comunicazione via chat resta “integra” solo tra persone che si conoscono a fondo. Diversamente, sono frammenti di dialogo e cocci delle nostre persone, che per pochi frenetici secondi si scambiano qualche codice di comunicazione nell’illusione di essere affini e compresi.

Il gioco delle identità può essere considerato come un’alternativa utile a estraniarsi dalla realtà; a proposito di questo cosa ne pensi dei giochi di ruolo che molti danni hanno fatto in questi anni?

Abbiamo delle vite così frenetiche, è comprensibile che in momenti di forte stress si rischi di cadere nell’estraneazione. Per alcuni le conseguenze sono irreparabili, purtroppo (vedi sesso online e ricatti). Ma in linea generale, l’importante è rialzarsi dopo la caduta, riancorarsi a sé stessi, alla realtà, e fare tesoro dell’esperienza fatta, senza mai dimenticarne il sapore amaro.

Non trovi che tutto questo affannarsi in rete per trovare un’identità abbia generato un effetto Avatar?

Assolutamente sì. Pensa che il mio in questi giorni di lockdown è scappato di casa…

Tu che sei un’esperta vorrei che mi dicessi qualcosa in materia di “Personal Branding” per poter dare qualche suggerimento valido ai liberi professionisti.

I liberi professionisti? Consiglio di riporre nell’armadio il vestito gessato… è il momento di indossare un paio di comodissime sneakers e mettersi su strada a mangiar polvere insieme a noi imprenditori. Sei d’accordo?

Grazie Corinna per le tue risposte e per avermi instradato a trovare un’identità virtuale che forse anche io non ho ancora trovato del tutto.

L’hai trovata eccome, sei tu!
Non pensi che chiedersi “chi sono, io?” sia proprio la scintilla che innesca l’ “essere” ?

Condividi!
8 Risposte
  1. Davide

    Complimenti per questo articolo intetessantissimo e attuale, grazie anche alla chiarezza di Corinna in questo excursus dagli anni 90’ad oggi.

    Un saluto Ale

  2. Dario Pastorino

    Davvero molto interessante questo articolo. L’identità virtuale, un argomento così affascinate che credo sia inesauribile. D’altronde parliamo di psicologia e tra i meandri della mente ci si può solo perdere. Come dice l’esperta i social dovrebbero essere l’estensione di noi stessi, ma si finisce come sempre per nascondersi dietro a un dito solo per il piacere di compiacere, fino al punto di snaturare la nostra unicità. Per gli individui che si nascondono dietro un nick fasullo, invece, credo sia solo un modo per esternare la loro vera essenza. La gente vuole esporre sempre più spesso il proprio pensiero senza assumersi la responsabilità di quello che dice.

  3. Molto interessante. Ho l’immenso piacere di conoscere anch’io Corinna Volpi e la prima rivoluzione a cui mi ha portata è stata proprio la libertà di esprimere on-line quello che sono veramente. Pensando di non poterlo fare, mi sono sempre astenuta dal comunicare e invece sto imparando a farlo con assoluta autenticità e grande gioia! Complimenti ad entrambi per la bellissima intervista.